Va osservato come, in ossequio all’opzione ermeneutica fatta propria dalla Suprema Corte, una polizza di assicurazione possa operare in eccesso rispetto ad un’altra garanzia assicurativa solo nel caso in cui i due contratti garantiscano il medesimo rischio, ipotesi che non risulta attuale nel caso in cui vengano in considerazione due polizze, contratte l’una da un sanitario e l’altra dalla struttura, per scongiurare il depauperamento dei rispettivi patrimoni, ovvero contratti caratterizzati da soggetti diversi a copertura di rischi diversi.  
Anche la compagnia chiamata in causa, pertanto, deve essere gravata, in solido con i convenuti, del ristoro del danno subito dall’attrice 

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato in data 29.4.14 la Ca. adiva il Tribunale di Lecce al fine di sentir accertare la responsabilità del Me. e del Presidio Ospedaliero di Gallipoli nel trattamento della ferita da taglio riportata accidentalmente in data 26.3.13 e, per l’effetto, sentir disporre la condanna dei convenuti al ristoro dei danni; deduceva, a sostegno della pretesa vantata, che nelle suddette circostanze, a seguito del proprio accesso al Pronto Soccorso, il Me., omettendo di effettuare indagini strumentali e di richiedere visite mediche specialistiche, avesse suturato la ferita da lei riportata, dimettendola immediatamente con prescrizione di medicazioni a domicilio; rimarcava di essersi nuovamente rivolta al nosocomio medesimo, nei giorni successivi, in ragione dell’ingravescente dolore e della tendenza alla flessione manifestatasi nel dito oggetto della sutura e di essere stata rassicurata sul normale decorso della guarigione della ferita; precisava che lo specialista ortopedico in seguito consultato le avesse diagnosticato un “neuroma da amputazione in pregressa ferita da taglio”, che aveva reso necessario un intervento di asportazione della relativa massa e di neurotraffia, eseguito in data 9.5.13; evidenziava che, nonostante il trattamento chirurgico, fossero residuate a suo “ipoestesia in corrispondenza della porzione distale del II dito della mano destra, con associata difficoltà alla flessione completa del dito e lieve ipovalidità della pinza”; assumeva che l’imperita condotta posta in essere dal Me., implicando un ritardo nell’esecuzione dell’intervento suddetto, avesse determinato l’insorgenza di tali postumi; instava, pertanto, per il ristoro del danno, patrimoniale e non, subito, invocando, in relazione a tale ultima voce, il riconoscimento di una personalizzazione dei parametri indicati nelle tabelle redatte dal Tribunale di Milano in ragione dell’incidenza delle lesioni sulla gestualità della vita quotidiana.
Me. Ro., costituendosi con comparsa depositata in data 18.7.14, preliminarmente eccepiva il difetto di rappresentanza dei procuratori costituiti nell’interesse dell’attrice, stante l’assenza del mandato a margine della citazione; nel merito, evidenziava che gli elementi acquisiti nel corso dell’esame obbiettivo svolto sulla ferita dell’attrice e l’assenza di disturbi connessi alla sensibilità ed alla funzione motoria dalla medesima palesata non avessero consentito di individuare l’esistenza di una lesione nervosa o tendinea; negava la sussistenza di un nesso causale tra la propria condotta e l’insorgenza del neuroma, inferendo che l’eziologia di tale fenomeno potesse essere ricondotta anche alle modalità di cicatrizzazione della ferita; contestava l’ammontare del pregiudizio delineato in citazione e chiedeva autorizzarsi l’evocazione in giudizio del Unipol ass.ni spa, gerente il propriorischio rc.
Asl Lecce, costituendosi con comparsa depositata in data 18.7.14, svolgeva argomentazioni difensive sovrapponibili a quelle formulate dal Me..
Unipol ass.ni spa, la cui chiamata in causa veniva autorizzata con provvedimento emesso in data 19.9.14, rimarcava la connotazione “a secondo rischio” della copertura fornita, stante la presenza di polizza stipulata dall’azienda sanitaria dalla quale il Me. dipendeva; indicava la consistenza del massimale e la limitazione della propria garanzia in ipotesi di corresponsabilità; si associava alle notazioni svolte in comparsa dal proprio assicurato.
Nel corso del giudizio venivano espletati i mezzi istruttori ammessi come da ordinanza emessa in data 19.11.15, quindi veniva disposta ctu volta ad accertare la sussistenza del profilo di imperizia prospettato nell’atto introduttivo, nonchè del nesso causale tra il medesimo, la formazione del neuroma e l’esecuzione del secondo intervento a carico della Ca.; all’esito la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni.
All’udienza tenutasi in data 17.9.18, curato detto incombente ad opera dei procuratori delle parti, il procedimento veniva trattenuto in decisione, previa assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..
Preliminarmente, preme osservare il fascicolo della parte attrice, non presente in atti, risulti ritirato in data 12.11.18 dal procuratore della medesima, come attestato dalla sottoscrizione apposta sul frontespizio del fascicolo d’ufficio; la circostanza che tale fascicolo non sia stato depositato nuovamente in giudizio osta a che la documentazione ivi contenuta possa essere valutata ai fini del decidere.
La domanda avanzata dall’attrice nei confronti dei convenuti appare suscettibile di accoglimento nei termini appresso svolti.
In primo luogo, giovi rimarcare come, allorchè il danneggiato si sia rivolto al Me. ed alla struttura sanitaria non già in forza di autonomo contratto, bensì mediante utilizzo dell’apparato del S.S.N., venga comunque in considerazione una ipotesi di responsabilità contrattuale c.d. da contatto sociale; tanto, in ossequio all’opzione ermeneutica fatta propria dalla Suprema Corte, a mente della quale “In tema di responsabilità civile nell’attività medico -chirurgica, l’ente ospedaliero risponde a titolo contrattuale per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione medica da parte di un medico proprio dipendente ed anche l’obbligazione di quest’ultimo nei confronti del paziente, ancorchè non fondata sul contratto, ma sul “contatto sociale”, ha natura contrattuale, atteso che ad esso si ricollegano obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi che sonò emersi o sono esposti a pericolo in occasione del contatto stesso. Tale situazione si-riscontra nei confronti dell’operatore di una professione c.d. protetta (per la quale cioè è richiesta una speciale abilitazione), particolarmente quando essa abbia ad oggetto beni costituzionalmente garantiti come il bene della salute tutelato dall’art.32Cost” (Cass. sez. 3 civ. 19.4.2006 n. 9085 rv 589631).
In particolare, il collegamento fra contatto sociale e responsabilità contrattuale deriva dalla violazione di una regola di condotta imposta dalla legge al fine di tutelare categorie di soggetti esposti a rischi di quella determinata attività -così Cass.sez.1civ.11.7.2012n.11642rv 623269, in ossequio alla quale “La cosiddetta responsabilità “da contatto sociale”, soggetta alle regole della responsabilità contrattuale pur in assenza d’un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato, è configurabile non in ogni ipotesi in cui taluno, nell’eseguire un incarico conferitogli da altri, nuoccia a terzi, come conseguenza riflessa dell’attività così espletata, ma soltanto quando il danno sta derivato dalla violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell’attività svolta dal danneggiarne, tanto più ove il fondamento normativo della responsabilità si individui nel riferimento dell’art.1173cod.civ.agli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell’ordinamento giuridico.”); non può tacersi come la fruizione delle prestazioni del S.S.N. ricada nel perimetro indicato dall’orientamento sposato dalla giurisprudenza di legittimità.
Nulla sposta, rispetto a tale conclusione, il tenore dell’art. 3 l. 158/12, applicabile ratione temporis, atteso che il richiamo all’art. 3 nell’inciso ivi contenuto, lungi dall’esplicitare la natura della responsabilità, manifesta il solo intento di escludere, nell’ambito aquiliano, l’irrilevanza della colpa lieve (cfr. Cass. Civ. sent. N. 8940/14 e 27391/14); nessuna incidenza, ancora, spiega l’art. 7 della l. 24/17, in virtù del quale la responsabilità del medico deve qualificarsi come aquiliana: ed invero, come espressamente rimarcato dalla giurisprudenza di merito “l’applicazione della Legge Gelli a fatti già verificatisi al momento della sua entrata in vigore inciderebbe negativamente sul fatto generatore del diritto alla prestazione, ledendo, così, ingiustificatamente il legittimo affidamento dei consociati in ordine al regime contrattuale della responsabilità del medico” ( Trib. Avellino, sent. N. 1806/17); l’irretroattività della prefata disposizione è stata confermata dalla Suprema Corte, sia pure soltanto implicitamente, con sent. N. 26517/17-
Così qualificato il titolo in virtù del quale entrambi i convenuti sono chiamati a rispondere dei danni lamentati in citazione, va osservato come “In tema di responsabilità contrattuale del medico nei confronti del paziente, ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore deve provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia con l’allegazione di qualificate inadempienze, astrattamente idonee a provocare (quale causa o concausa efficiente) il danno lamentato, restando poi a carico del debitore convenuto l’onere di dimostrare che nessun rimprovero di scarsa diligenza o. di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno.” (cosìCass.sez.3civ.12.12.2013n.27855rv 629769; anche sez. 3 civ. 26.2.2013 n. 4792 rv 625765; sez. 3 civ. 30.9.2014 n. 20547 rv 632891).
Ove venga acquista la prova del nesso causale tra l’omissione della condotta che sarebbe stata opportuna in ossequio alla leges artis ed il danno, l’onere probatorio del danneggiante si risolve nel comprovare l’assenza di inadempimento, ovvero l’impossibilità soggettiva dell’adempimento, integrata dall’assenza di colpa per imprevedibilità o inevitabilità dell’evento lesivo.
Nella vicenda per cui è controversia, la Ca. ha chiesto accertarsi la responsabilità dell’ Asl e del medico cui si era rivolta a seguito di accesso al nosocomio di Gallipoli in vista del trattamento della ferita da taglio accidentalmente riportata, allegando che l’imperizia del Me. fosse stata integrata dalla mancata percezione dell’esistenza di una lesione del nervo digitale radiale al momento della visita, nonchè dall’omissione degli approfondimenti diagnostici necessari ad individuarlo ed, ancora, che il ritardo conseguente alla suddetta condotta avesse comportato l’insorgenza del neuroma e la necessità dell’ esecuzione dell’intervento di rimozione, qualificati quali antecedenti causali dell’ipoestesia, della difficoltà di flessione completa e della lieve ipovalidità della pinza caratterizzanti l’attuale funzionalità del dito dell’attrice; la medesima, pertanto, risulta tenuta a comprovare la circostanza che, ove l’amputazione del nervo radiale conseguita alla ferita da taglio fosse stata rilevata e tempestivamente ricomposta, la formazione del neuroma e le limitazioni funzionali del proprio dito, manifestatesi a seguito dell’intervento di rimozione del medesimo, non avrebbero avuto luogo.
Il ctu, chiamato a pronunciarsi sulla plausibilità della ricostruzione delineata in citazione ed avallata dalla ctp versata in atti –della quale si ignora il contenuto, non essendo il fascicolo attualmente presente -si è limitato a ricondurre causalmente all’omessa diagnosi dell’amputazione del nervo solo un prolungamento dei tempi di guarigione ed un aggravamento del pregiudizio di natura estetica connesso agli esiti cicatriziali di rimozione del neuroma, cosi, implicitamente, ricollegando le cennate limitazioni funzionali al verificarsi della ferita da taglio e non alle successive vicende della paziente.
Sebbene le notazioni svolte dal ctu non siano caratterizzate da particolare dettaglio e specificità, le conclusioni dal medesimo svolte risultano plausibili, atteso che non sono contestati tra le parti il ricorrere di una lesione da taglio del nervo radiale e la consequenzialità dell’intervento chirurgico successivamente effettuato alla sola necessità di rimuovere il neuroma formatosi a seguito del permanere dell’amputazione del nervo medesimo, cui non era stato posto rimedio in epoca prossima all’accesso presso il Pronto Soccorso.
I convenuti si sono limitati a dedurre, in proposito, che il neuroma costituisse manifestazione di un fenomeno di formazione non immediata rispetto all’amputazione del nervo, ma tale rilievo non spiega alcuna incidenza, atteso che la Ca. ha solo dedotto che, ove la lesione del nervo stesso fosse stata immediatamente diagnosticata ed ripristinata, non si sarebbero create le condizioni atte a determinare l’insorgenza di tale fenomeno nella struttura tranciata.
Acclarata, pertanto, la sussistenza di un nesso causale tra l’omessa diagnosi ascrivibile al Me. e i danni evidenziati dal ctu –aumento dei tempi di guarigione e pregiudizio estetico connesso alla maggiore ampiezza della cicatrice dell’intervento rispetto a quella residuata a seguito della sutura della ferita -, non può tacersi come i convenuti, gravati dell’onere probatorio inerente la non imputabilità dell’inadempimento, non abbiano fornito alcun elemento atto a suffragare tale circostanza –ovvero l’insussistenza, al momento dell’accesso al Pronto Soccorso, di circostanze tali a farne quantomeno sospettare l’esistenza della lesione del nervo radiale del dito e da rendere plausibile l’approfondimento diagnostico; in particolare, l’assenza di formicolii e la persistenza della sensibilità al dito, indicati in comparsa, non ha trovato conferma in sede di interpello della Ca., la quale non ha neppure riferito se il medico, in sede di visita, l’ avesse sollecitata a rendergli noti sintomi di tal genere –circostanza neppure indicata, peraltro, dal sanitario.
In ossequio alle notazioni che precedono, deve ritenersi che i convenuti siano tenuti a rispondere del danno, patrimoniale e non patrimoniale, subito dalla Ca., l’uno per responsabilità diretta e l’altra in virtù del fatto del proprio dipendente, non essendo stato allegato a carico della medesima alcun inadempimento rispetto alle obbligazioni in proprio assunte con il cd. contratto di spedalità; il ctu, in proposito, ha indicato una percentuale di riduzione dell’integrità fisica permanente pari all’ 1,5 %, nonchè 3 giorni di ITT, 15 gg di ITP al 50% e 20 gg di ITP al 25%; il risarcimento spettante a tale titolo, determinato secondo i criteri indicati dal consulente d’ufficio sulla base dei parametri di cui alle Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano ed aggiornate al 2018, ammonta ad Euro 3.378,00; le somme innanzi indicate vanno devalutate e riportate alla data dell’evento e sull’importo come devalutato vanno rivalutati gli interessi sulla somma anno per anno rivalutata (così come previsto dalle S.U. nella sentenza n. 1712/95).
Con riguardo alla richiesta di personalizzazione del danno non patrimoniale in considerazione della componente cd. morale, deve rilevarsi come parte attrice non abbia evidenziato alcun elemento specifico in virtù del quale possa inferirsi a suo carico una sofferenza specifica connessa alla tipologia di lesioni superiore a quella usualmente verificantesi, ancorata alle dinamiche emotive della vita interiore o modalità specifiche di valorizzazione di aspetti corporei funzionali (cfr. Cass. Civ. sent. n. 21939/17), nè alcuna notazione in tal senso è stata svolta dal ctu a seguito dell’analisi della storia clinica della paziente; peraltro, anche in considerazione della limitata gravità delle medesime –che, attengono precipuamente alla menomazione dell’efficienza estetica, -non appare possibile ritenere sussistente neppure in via presuntiva un significativo patimento, nessuna somma ulteriore può esserle attribuita a tale titolo.
Fondata, appare, invece, l’istanza di liquidazione dei danno patrimoniale per l’importo di Euro 516,52, ritenuto congruo dal ctu, da maggiorarsi di interessi legali dalla domanda al soddisfo.
Quanto alla posizione della terza chiamata, non può tacersi la possibile connotazione a secondo rischio della polizza contratta dal Me., giusta art. 4.7 delle condizioni negoziali in atti: va, tuttavia, osservato come, in ossequio all’opzione ermeneutica fatta propria dalla Suprema Corte, una polizza di assicurazione possa operare in eccesso rispetto ad un’altra garanzia assicurativa solo nel caso in cui i due contratti garantiscano il medesimo rischio, ipotesi che non risulta attuale nel caso in cui vengano in considerazione due polizze, contratte l’una da un sanitario e l’altra dalla struttura, per scongiurare il depauperamento dei rispettivi patrimoni, ovvero contratti caratterizzati da soggetti diversi a copertura di rischi diversi ( cfr. Cass. Civ. sent. N. 4936/15).
Anche la compagnia chiamata in causa, pertanto, deve essere gravata, in solido con i convenuti, del ristoro del danno subito dall’attrice, come innanzi determinato.
Le spese di lite, liquidate in considerazione dell’entità del ristoro effettivamente spettante alla Ca., vengono poste a carico dei convenuti e della compagnia, in solido, ex art. 91 c.p.c.; analoga sorte seguiranno gli oneri rinvenienti dall’indagine tecnica espletata.
 
P.Q.M.
il Tribunale di Lecce, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, così provvede:
– Dichiara l’Asl Lecce ed il Me. responsabili dei danni subiti dalla Ca. a seguito dell’omessa diagnosi della lesione del nervo radiale del II dito della mano destra, occorsa in data 26.3.13 presso il P.O. di Gallipoli;
– Per l’effetto, li condanna, in solido con Unipolsai ass.ni spa, garante rc del rischio professionale del Me., alla corresponsione, in favore della stessa, della somma di Euro 3.378,00, dovuta a titolo di danni non patrimoniali, nonchè della somma di Euro 516,52, dovuta a titolo di danni patrimoniali, oltre accessori da calcolarsi sulle poste e con le modalità indicate in motivazione;
– Onera i convenuti e la terza chiamata, in solido, della rifusione delle spese di lite sostenute dall’attrice, che liquida in Euro 240,00 per esborsi ed Euro 1.800,00 per compensi del procuratore, da maggiorarsi di rsf, cap ed iva se dovuta;
– Pone definitivamente le spese di ctu a carico dei convenuti e della terza chiamata in causa.