Nel sistema del D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, recante il regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale e dell’accordo collettivo nazionale del 2005 per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, ai sensi del D.Lgs. n. 502 de 1992, art. 8 non operava per questi ultimi la facoltà di prosecuzione del rapporto convenzionale per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età previsti dagli accordi suddetti per la cessazione del rapporto convenzionale, facoltà prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 16 in favore dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici ed estesa al personale medico a rapporto convenzionale con disposizione la cui efficacia è stata successivamente sospesa .

Cassazione Civile – Sez. Lavoro, Sent., 11-04-2011, n. 8232 

Svolgimento del processo

1. Con ricorso depositato il 11 novembre 2005 il dott. V. G. chiedeva al Tribunale di Brescia, giudice del Lavoro, l’accertamento nei confronti dell’A.S.L. di Brescia, che conveniva nel giudizio di merito dopo aver proposto azione ex art. 700 c.p.c., del suo diritto, in qualità di medico-convenzionato con il servizio sanitario nazionale, di rimanere in servizio fino al compimento del 72 anno d’età.

Si costituiva tempestivamente l’ASL facendo presente che la facoltà di proroga biennale (applicabile ex lege n. 503 del 1992 a tutti gli impiegati dello Stato) non si applicava ai medici convenzionati e che la L. n. 229 del 1999 che, abbassando l’età pensionabile da 70 a 65 aveva introdotto la facoltà di rimanere in servizio per un ulteriore biennio, non era applicabile alla fattispecie in quanto la sua entrata in vigore era rinviata a successivi accordi collettivi.

Il Tribunale di Brescia, ritenuto che l’entrata in vigore della normativa invocata dal ricorrente era rinviata alla contrattazione collettiva, respingeva la domanda poichè non vi era alcuna norma di diritto positivo che consentisse di trattenere in servizio il medico convenzionato oltre il compimento dell’età massima pensionabile, rimasta per questa categoria a 70 anni.

2. Con atto depositato il 22 febbraio 2006 il dott. V. proponeva appello e contestava quanto affermato dal primo giudice, in quanto la stessa norma di legge che prevedeva la facoltà di rimanere per un altro biennio da un lato rinviava alla contrattazione collettiva solo per la parte in cui si stabiliva l’abbassamento dell’età pensionabile a 65 anni e dall’altro, facendo salva anche per i medici convenzionati l’applicazione del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 16 di fatto rendeva esplicito che tale norma, già presente nell’ordinamento, era applicabile anche ai medici convenzionati.

Si costituiva l’ASL chiedendo la conferma della pronuncia di primo grado. La Corte d’appello di Brescia con sentenza del 6 luglio – 22 settembre 2006 rigettava l’appello compensando le spese.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il V. con un unico motivo.

Resiste con controricorso la parte intimata che ha depositato anche memoria.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in un unico motivo con cui il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 16 in relazione al D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 13. Secondo il ricorrente, il differimento dell’entrata in vigore della nuova disciplina della cessazione del rapporto convenzionale riguarderebbe soltanto il limite di età per il collocamento a riposo con la conseguenza che anche il medico convenzionato settantenne potrebbe beneficiare della proroga biennale di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 16. 2. Il ricorso è infondato.

3. Il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 16 recante norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, ha previsto, in favore dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici, la possibilità di permanere in servizio per un periodo massimo di un biennio dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di età.

Con il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 502, art. 15 nonies recante norme di riordino della disciplina della materia sanitaria, quale introdotto dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 13 la disciplina dettata per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici è stata estesa sia ai dirigenti medici del servizio sanitario nazionale sia al personale a rapporto convenzionale. Per quest’ultimo personale, al quale apparteneva l’attuale ricorrente, l’art. 15 nonies cit., comma 3 espressamente prevedeva che i tempi e le modalità di attuazione della disciplina dettata per il collocamento a riposo del personale a rapporto convenzionale sarebbero stati stabiliti in sede di rinnovo della convenzione nazionale.

In quella sede contrattuale (id est: accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, recepito nel D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270) da una parte veniva dettata la disciplina della cessazione del rapporto convenzionale (art. 6) prevedendosi che il rapporto tra le Aziende e i medici di medicina generale sarebbe cessato per compimento del 65 anno di età e che, proprio ai sensi del combinato disposto del cit. D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 5-nonies, commi 1 e 3 era facoltà del medico di medicina generale convenzionato di mantenere l’incarico per il periodo massimo di un biennio oltre il 65 anno di età, in applicazione del regime di opzione previsto dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 16. D’altra parte però contestualmente veniva posta la norma transitoria n. 8 (de regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale del 2000) che differiva il termine di entrata in vigore della nuova disciplina (quella dell’art. 6:

abbassamento del limite di età e regime dell’opzione) fino al raggiungimento di specifica intesa tra le parti firmatarie, confermando a quell’epoca l’applicazione del precedente regime di cessazione del rapporto convenzionale, ossia quello dettato dal D.P.R. 22 luglio 1996, n. 484, art. 6, comma 1, lett. a).

In parallelo a queste disposizioni di fonte collettiva, recepite in normativa regolamentare, il legislatore è intervenuto con il D.Lgs. 28 luglio 2000, n. 254, art. 6 (recante disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 6 per il potenziamento delle strutture per l’attività libero-professionale dei dirigenti sanitari) che ha introdotto il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8, comma 2-ter già modificato dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 8 da una parte istituendo una commissione composta da rappresentanti del Ministro della sanità e da altri, al fine di individuare modalità idonee ad assicurare che l’estensione al personale a rapporto convenzionale, di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8 come modificato dal cit. D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, dei limiti di età previsti dall’art. 15-nonies, comma 1 dello stesso Decreto; d’altra parte prevedendo espressamente che l’efficacia della disposizione di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 15-nonies, comma 3, come introdotto dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 13 era sospesa fino alla attuazione dei provvedimenti collegati alle determinazioni della Commissione suddetta.

Pertanto, per quanto riguarda il regime dell’opzione per la prosecuzione del rapporto convenzionale oltre la data di cessazione dello stesso per raggiunti limiti di età, vi era un duplice effetto di “rinvio” del beneficio: la norma di legge (il D.Lgs. n. 254 del 2000, art. 6) sospendeva in radice l’efficacia della precedente disposizione che prevedeva il beneficio stesso; la norma collettiva, recepita in norma regolamentare, a sua volta differiva (a successiva specifica intesa) il nuovo regime di cessazione del rapporto convenzionale (art. 6 de cit. accordo collettivo) che recepiva e dava attuazione al beneficio dell’opzione richiamando la disposizione di legge la cui efficacia veniva contestualmente sospesa (il regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo e il decreto legislativo correttivo cit. recavano entrambi la data del 28 luglio 2000).

Quindi all’epoca, per l’effetto congiunto della sospensione dell’efficacia del regime legale e del rinvio dell’operatività del regime convenzionale collettivo, la disciplina di cessazione del rapporto convenzionale dei medici di medicina generale era ancora quello del D.P.R. n. 484 del 1996, cit. art. 6, comma 1, lett. a), che non prevedeva il beneficio dell’opzione a proseguire il rapporto convezionale per un periodo di due anni.

4. Successivamente – peraltro nel mutato sistema delle fonti (perchè a seguito della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 52, comma 27, le proposte di accordi collettivi nazionali per la medicina generale e per la specialistica convenzionata sono diventate efficaci non più con norma regolamentare, ma con intesa Stato-Regioni) – rileva l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale del 2005 il cui art. 19 ridisegnava il regime di cessazione del rapporto convenzionale richiamando ancora una volta il D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 15-nonies e quindi la facoltà del medico di medicina generale convenzionato di mantenere l’incarico per il periodo massimo di un biennio oltre il 65 anno di età, in applicazione del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 16. Però la norma transitoria n. 8 si faceva carico del fatto che il cit. D.Lgs. 28 luglio 2000, n. 254 all’art. 6, aveva sospeso l’efficacia di tali disposizioni fino all’attuazione dei provvedimenti collegati alle determinazioni della commissione di cui sopra (da istituirsi con decreto del Ministro alla salute) e disponeva per suo conto che, fino a quando non sarebbe entrato in vigore il limite di età stabilito dall’art. 19 del medesimo accordo collettivo, continuava ad applicarsi il cit. D.P.R. n. 484 del 1996, art. 6, comma 1, lett. a) che non prevedeva il beneficio dell’opzione; e per rendere ancora più chiaro ciò, aggiungeva “con esclusione dell’ulteriore beneficio previsto dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 16”.

Quindi le parti firmatarie della convenzione nazionale del 2005 hanno fugato ogni dubbio interpretativo: la facoltà di opzione non era operante e lo sarebbe stata solo unitamente al nuovo regime di cessazione del rapporto convenzionale. Sicchè era ben chiaro che il differimento dell’entrata in vigore della nuova disciplina per il personale medico a rapporto convenzionale riguardava sia il limite di età per il collocamento a riposo sia la facoltà di proroga biennale.

5. Correttamente, in conclusione, i giudici di merito – sia la Corte d’appello che il Tribunale – hanno ritenuto che all’epoca (convenzione nazionale del 2005 e precedente accordo collettivo) non era operante – nel quadro normativo sopra ricostruito – per i medici della medicina generale in convenzione il beneficio dell’opzione sopra esaminato.

6. Il ricorso va quindi rigettato con l’affermazione, ex art. 384 c.p.c., comma 1, del seguente principio di diritto: “Nel regime del D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270 (recante il regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale) e dell’accordo collettivo nazionale del 2005 per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale ai sensi del D.Lgs. n. 502 de 1992, art. 8 non operava per questi ultimi la facoltà di prosecuzione del rapporto convenzionale per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età previsti dagli accordi suddetti per la cessazione del rapporto convenzionale, facoltà prevista, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 16 in favore dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici ed estesa al personale medico a rapporto convenzionale dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 15-nonies, comma 3, con disposizione la cui efficacia è stata sospesa dal D.Lgs. 28 luglio 2000, n. 254, art. 6”.

Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 12,00 oltre Euro 2.000,00 (duemila) per onorario d’avvocato ed oltre IVA, CPA e spese generali.