L’assenza di documentazione (diagnostica strumentale, indicazione specialistica, ecc.) che dimostri l’esistenza delle patologie che avrebbero giustificato la prescrizione dei farmaci non costituisce dimostrazione, neppure di tipo presuntivo, del danno erariale, considerando, per un verso, che non è obbligo del medico conservare copia di referti o prescrizioni di medici specialisti o quant’altro, per altro verso che l’assenza di riscontro negli archivi della A.S.L. di esami o visite specialistiche non è significativa (non potendosi escludere che il paziente li abbia effettuati a proprie spese).

SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 28386 del registro di segreteria ad istanza della Procura regionale per la Lombardia contro il Dott. S.B., nato a P. (R.) l'(…), residente in C. (V.), Strada del S., n. 12, C.F. (…), rappresentato e difeso dall’Avv. Paola Maddalena Ferrari con elezione di domicilio presso il suo studio in Cassina de Pecchi (MI), via Carducci, n. 1/F.
VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, art. 26; il R.D. 12 luglio 1934, n. 1214; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla L. 14 gennaio 1994, n. 19; la L. 14 gennaio 1994, n. 20; il D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito dalla L. 20 dicembre 1996, n. 639; il c.p.c., artt. 131, 132 e 133.
VISTO l’atto introduttivo.
LETTI gli atti e i documenti di causa.
UDITI, nella pubblica udienza del 9 marzo 2016, il Referendario relatore Eugenio Madeo ed il Pubblico Ministero in persona del
Sostituto Procuratore Generale Antonino Grasso e l’Avvocato Ferrari
per il B..
Ritenuto in
Svolgimento del processo
Con atto di citazione depositato il 26 novembre 2015 la Procura regionale conveniva innanzi a questa Sezione il Dott. S.B., quale medico di medicina generale in rapporto di convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale, per vederlo condannare al risarcimento del danno cagionato all’A.S.L. di Varese e alla Regione Lombardia, pari ad Euro 12.956,67 oltre accessori, a seguito della iperprescrizione di farmaci per il periodo 2002 – 2004.
In particolare la Procura erariale ha inteso precisare che “con una comunicazione in data 8 luglio 2005 la Guardia di Finanza ha segnalato alla Procura regionale un ipotetico danno erariale cagionato da medici di medicina generale … delle ASL della Regione Lombardia, in rapporto di convenzione con il SSN per il periodo 2002 -2004, i quali presentavano una condotta prescrittiva di farmaci particolarmente difforme rispetto alla generalità dei medici operanti nelle rispettive ASL di appartenenza” (all. n. 1 del fascicolo della Procura).
Sulla base di tale segnalazione il Requirente ha poi delegato lo svolgimento di ulteriori attività istruttorie sempre alla Guardia di Finanza che con nota del 21 febbraio 2006 “… ha relazionato in merito all’analisi di dettaglio dell’attività iperprescrittiva dei MMG effettuata presso tutte le ASL della regione Lombardia …” (all. n. 2 del
fascicolo della Procura).
La Procura riferisce poi che “… dai dati forniti dall’ASL di Varese è merso che negli anni in questione il dr. B.S. nella prescrizione di farmaci ai propri assistiti si è discostato in maniera significativa e anomala rispetto alla soglia di riferimento”.
Di conseguenza, in considerazione di tali circostanze, la Procura erariale ha formalizzato l’invito a fornire deduzioni (all. n. 3 del fascicolo della Procura), a seguito della cui notifica il B. ha prodotto deduzioni scritte (all. n. 4 del fascicolo della Procura) ed ha chiesto altresì di essere sentito personalmente.
L’audizione del convenuto è avvenuta in data 15 luglio 2015 (all. n. 5 del fascicolo della Procura).
Tanto precisato, il Requirente ha esposto poi la metodologia di controllo evidenziando che in caso di “… elevate percentuali di scostamento rispetto alle prescrizioni medie ponderate nelle ASL, è stata eseguita un’analisi di dettaglio della spesa per iperprescrizione farmaceutica generata distintamente per i gruppi ATC di farmaci … di livello A …, C …, J … e M …”.
Inoltre, è stato precisato anche che “per tali gruppi terapeutici sono stati poi individuati solo i Medici di Medicina Generale che, nonostante una sistematica e costante informazione circa la loro condizione prescrittiva, hanno mantenuto una condotta prescrittiva anomala per almeno due annualità consecutive”.
Per quanto poi riguarda i criteri di calcolo per la quantificazione del danno erariale la Procura rinvia per i dettagli alla relazione della
Guardia di Finanza precisando però l’iter procedurale seguito.
In particolare, la Procura afferma che “… è emerso che negli anni 2002, 2003 e 2004 il dott. B.S. nella prescrizione di farmaci ai propri assistiti si è discostato in maniera significativa e assolutamente anomala, rispetto alla soglia di riferimento, calcolata per singolo gruppo ATC, tale da dover imputare a suo carico l’addebito dei costi ingiustificati a carico del SSN pari a Euro 50.992,53”.
Ancora, sempre il Requirente precisa che è stata svolta un’ulteriore attività d’indagine tesa ad “… analizzare nel merito, con l’ausilio del personale sanitario dell’ASL, l’attività iperprescrittiva di farmaci rilevata nei confronti del dott. B.S.” da cui in sintesi sono emerse ricette da contestare per una spesa complessiva di Euro 12.725,75 in quanto “… inappropriate nell’ambito delle note CUF”.
Nello specifico sono state rilevate:
– per l’anno 2002 n. 125 ricette per un totale di Euro 3.784,74;
– per l’anno 2003 n. 146 ricette per un totale di Euro 4.943,80;
– per l’anno 2004 n. 138 ricette per un totale di Euro 4.024,21.
Inoltre, sono state anche individuate “… n. 4 ricette prescritte mentre il paziente risultava essere ricoverato, per un importo economico di Euro 203,92”.
Da quanto innanzi descritto, secondo la Procura erariale, emergerebbero quindi obiettivi ed inequivoci riscontri in ordine alla responsabilità amministrativa del convenuto a titolo di dolo o comunque di colpa grave.
Infatti, la Procura erariale ha per prima cosa affermato “la
sussistenza di un vero e proprio rapporto di servizio tra il medico convenzionato e l’ASL di appartenenza …”.
Ancora per quanto riguarda il danno erariale e la sua connessione con la iperprescrizione dei farmaci è stato precisato tra le altre cose che “… appartiene alla giurisdizione della Corte dei conti l’azione per il ristoro del danno arrecato dai medici convenzionati con il SSN a seguito della redazione di prescrizioni inusuali, incongrue o incomplete, di prescrizioni di medicinali agli assistiti in quantità eccessive o, comunque, per finalità non terapeutiche, in dosi maggiori del consentito o con modalità di somministrazione diverse dal lecito”.
Sempre il Requirente ha poi tratteggiato la disciplina complessiva che regola la prescrizione medica precisando altresì che “… la ricetta medica … deve essere effettuata, oltre che secondo scienza e coscienza, nel rispetto delle norme di settore, delle limitazioni e delle indicazioni fornite dal Ministero della sanità … nelle schede tecniche ed eventualmente contenute nelle c.d. note CUF, nonché dei seguenti principi: economicità e riduzione degli sprechi … appropriatezza … efficacia dell’intervento”.
Infine con riguardo all’elemento psicologico la Procura erariale afferma che “… nella fattispecie in esame, è configurabile una sistematica e reiterata … violazione della disciplina normativa e regolamentare in materia di prescrizione di farmaci …”.
Pertanto, tenuto conto anche del fatto che “… l’attività iperprescrittiva del medico è stata riscontrata nonostante quest’ultimo
fosse stato costantemente informato e invitato a giustificare
l’appropriatezza delle prescrizioni …” e che “… data una certa spesa media accertata per assistibile … il dr. B.S., a differenza della stragrande maggioranza dei suoi colleghi, arriva a porre a carico del SSN un costo per il rimborso dei farmaci prescritti fino a quasi il doppio e per tre anni consecutivi”, il Requirente ritiene nel caso di specie “… ipotizzabile pertanto una condotta connotata da dolo (contrattuale) o comunque gravemente colposa con previsione dell’eventus damni”.
Infine, il Requirente dopo aver sintetizzato le argomentazioni difensive fornite dalla difesa del B. in sede di invito a dedurre ne ha puntualmente contestato la fondatezza precisando innanzitutto “sulla dedotta violazione del diritto di difesa … che il procedimento pre-processuale si è scandito nei termini previsti dalla legge, con la possibilità, peraltro esercitata, del MMG di far valere, assistito da un difensore di fiducia, le proprie prospettazioni”.
Con riferimento poi all’eccepita prescrizione del danno la Procura ne evidenzia l’infondatezza affermando che “l’amministrazione ha infatti costituito in mora il citato” (all. n. 8 del fascicolo della Procura).
Infine, si precisa che relativamente “… alle c.d. ricette non versate in atti, si rileva che in sede di accesso al fascicolo del PM, contenente tra gli altri le ricette in argomento, la difesa ha estrapolato solo alcuni dei documenti disponibili”.
In definitiva, la Procura erariale chiede che l’odierno convenuto risponda per il danno erariale arrecato all’ASL di Varese e alla
Regione Lombardia per l’importo pari ad Euro 12.956,67 oltre a
rivalutazione ed interessi.
In data 18 febbraio 2016 si è costituito il B. che ha preliminarmente eccepito la prescrizione del preteso danno erariale atteso che nessun atto idoneo “… è mai intervenuto ad interrompere il decorso della prescrizione per gli anni in contestazione …”.
Nel merito la difesa del convenuto ha per prima cosa affermato che “la metodica dell’indagine che sorregge l’atto di citazione postula un fondamento inesistente e privo di pregio …” in quanto “… sulle medie esposte nell’atto di citazione … non è dato conoscere i criteri utilizzati per la loro determinazione”.
Per quanto poi riguarda le modalità di calcolo del danno viene evidenziato che “… la contestazione non ha considerato le percentuali di sconto a favore del SSN ed a carico delle farmacie …” e che “… non viene dato peso alcuno alla compartecipazione del paziente alla spesa sanitaria che dal Dicembre 2002 era di due Euro a confezione …”.
In sostanza, per la difesa del B. “il riferimento corretto da tenere in considerazione, quindi, è il costo del farmaco non al pubblico, come calcolato dal servizio, ma quello a carico del servizio sanitario nazionale … depurato, ulteriormente, dell’iva al 10% che è una partita di giro”.
Ancora sempre il difensore afferma che “le verifiche della Guardia di Finanza … sono state effettuate senza avere informato il medico e senza che il medico abbia potuto esprimere un proprio giudizio o
intervento chiarificatore”.
La difesa lamenta poi la violazione da parte dell’ASL di quanto previsto dall’art. 15 bis, comma 4, del D.P.R. n. 270 del 2000 “con la conseguenza che, in assenza del suddetto procedimento, la prescrizione diventa definitiva e non più contestabile, neppure dalla Corte dei Conti attraverso attività sostitutiva”.
Da quanto sopra detto, ad avviso del convenuto, discenderebbe “… il concorso dell’amministrazione nella produzione del presunto evento dannoso ai sensi dell’art. 1227 del codice civile …”.
Sempre la difesa evidenzia che “i pazienti oggetto, loro malgrado, dell’odierna vertenza non risulta che siano stati informati ed abbiano dato consenso specifico al trattamento dei loro dati sanitari con conseguente illegittimità del loro utilizzo per violazione degli artt. 13 e 22 …” del D.P.R. n. 196 del 2003.
Per il convenuto i dati forniti dalla Regione Lombardia e dall’ASL sono inattendibili “… per errato calcolo dei pazienti assistiti”.
Secondo il B. “l’ASL … ha con colpa grave omesso di valutare i dati che la stessa possedeva in relazione a esami strumentali effettuati, stati di invalidità e esenzioni riconosciute”.
La difesa afferma inoltre che “la statistica farmaceutica territoriale del costo medio sconta due limiti insuperabili: l’epidemiologia del micro territorio e quella specifica del singolo medico”.
In particolare si precisa che “… il riscontro di un ricovero o di una prestazione ambulatoriale non è stato affatto esaminato dall’Asl di riferimento …”.
In sintesi dunque, per la difesa del convenuto “la documentazione
che si produce dimostra, oltre ogni dubbio, che l’attività prescrittiva del dott. B. è stata appropriata sia alla luce delle note cuf/aifa sia alla luce dei doveri deontologici e contrattuali del medico in convenzione con il SSN”.
Da ultimo, il B. fa presente che “in merito alla contestata prescrizione di farmaci in contemporanea con il ricovero ospedaliero, … si tratta di un mero errore materiale consistente nell’inversione, nella data, del mese con il giorno di riferimento. Errore materiale provato dal fatto che il ritiro del farmaco in farmacia è posteriore, in ogni caso, al contestato ricovero”.
Infine, la difesa precisa che “per alcune altre prescrizioni contestate: quelle relative ai farmaci elocon crema e peridon … il D.M. Salute 27/09/2002 ne aveva disposto la riclassificazione in classe A (art. 4 comma 3)”.
In definitiva il B. chiede:
– in via preliminare di riconoscere e dichiarare l’intervenuta prescrizione di tutte o parte delle domande contenute nell’atto di citazione;
– nel merito, in via principale, di rigettare la domanda attorea;
– in subordine di:
– ridurre l’ammontare del danno nella misura dei farmaci che risulteranno prescritti in difformità di note e/o di scienza e coscienza e comunque nella misura del reale costo per il servizio farmaceutico dopo avere dedotto l’importo del ticket
sostenuto dal paziente, l’ IVA del 10% e lo sconto obbligatorio
per la farmacia;
– esercitare il potere riduttivo;
– riconoscere e dichiarare la concorrente responsabilità dell’Asl di riferimento, in via solidale, alternativa e/o parziale, per dolo, colpa grave e/o grave negligenza nella causazione del danno per mancanza dei controlli resi obbligatori ai sensi del D.P.R. n. 270 del 2000;
– in via istruttoria si chiede:
– l’audizione del convenuto;
– una C.T.U. tecnica medica e del caso contabile;
– di ordinare all’Asl di produrre l’elenco delle prestazioni diagnostiche effettuate ai pazienti dove non risulta la documentazione secondo quanto si rileva dalla banca dati nei 5 anni precedenti e tre successivi alla prescrizioni nonché la scheda sanitaria completa di ogni movimento contabile riferito alla posizione diagnostica e prescrittiva del paziente nonché eventuali fascicoli relativi alla concessione di invalidità civile e/o di concessione di esenzione per patologie, completi di ogni documento sanitario acquisito;
– di chiamare a testimoniare tutti i pazienti destinatari delle prescrizioni al fine della conferma delle loro condizioni di salute;
– di ordinare ad ogni paziente individuato la propria documentazione sanitaria riferita agli anni precedenti al 2002 e
fino al 2005.
Nell’udienza le parti hanno ribadito sostanzialmente le argomentazioni fin qui esposte e confermato le conclusioni già rassegnate.
Tutto ciò premesso, la causa è stata assunta in decisione.
Ritenuto in
Motivi della decisione
Preliminarmente deve per prima cosa essere scrutinata l’eccezione di prescrizione del danno avanzata dalla difesa del B..
Sul punto deve evidenziarsi che tutte le note di costituzione in mora poste in essere dall’Asl di Varese ed indirizzate nel tempo all’odierno convenuto (cfr. all. n. 8 del fascicolo della Procura) risultano effettivamente atti idonei ad interrompere il decorso della prescrizione. Ciò perché in esse risultano con estrema evidenza i fatti contestati, il presunto responsabile, il richiamo dei pertinenti articoli del codice civile, l’indicazione dello scopo perseguito.
Di conseguenza, per le motivazioni sopra esposte tale eccezione deve essere rigettata.
Ancora, la difesa ha eccepito la non utilizzabilità dei dati contenuti nella domanda per violazione delle norme a tutela della protezione dei dati personali, per violazione dei diritto del cittadino di partecipare al procedimento accertativo che lo riguarda in contraddittorio con l’Asl ed in ragione delle regole procedimentali della Guardia di Finanza.
Con riguardo alla asserita violazione delle norme in materia di
privacy, la Sezione non può che ribadire quanto statuito in ordine ad
analoga eccezione con sentenze nn. 726/2011 e 374/2011, ovvero che le norme invocate da parte del convenuto non trovano applicazione quando il trattamento dei dati personali viene effettuato presso uffici giudiziari per ragioni di giustizia (art. 47, commi 1 e 2 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e, in senso conforme, Corte di cassazione, n. 3034 dell’8/02/2011).
Per quanto concerne la mancata attivazione del particolare procedimento per la contestazione al medico di medicina generale di eventuali comportamenti prescrittivi anomali (cfr. D.P.R. n. 270 del 2000 “Regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale”), va detto che quella invocata è una normativa regolamentare di derivazione negoziale. Ove si ritenesse, come opina la difesa, che dal mancato rispetto di essa derivi una sorta di consolidamento della liceità della prescrizione contestata, talché la stessa non potrebbe più essere rimessa in discussione dal Pubblico ministero contabile, se ne dovrebbe evincere che la normativa in questione deroghi a quella primaria in tema di responsabilità amministrativa, il che non è evidentemente ammissibile.
Si consideri peraltro che una delle due disposizioni richiamate dalla difesa, e precisamente quella di cui all’art. 16 del D.P.R. n. 270 del 2000 cit., è comunque palesemente non pertinente, poiché concerne il procedimento per l’inflizione al medico di base di sanzioni disciplinari.
Relativamente infine alla presunta violazione, da parte della
Guardia di Finanza, della regole procedimentali in tema di
accertamento di violazioni tributarie, trattasi di eccezione di nessun pregio.
Infatti, la Circolare richiamata oltre ad avere, come noto, valore conformativo solo per gli appartenenti all’Amministrazione emanante, attiene a materia diversa da quella delle indagini finalizzate all’accertamento di danni erariali. Quest’ultima non è in relazione di similitudine o analogia con la prima ed è peraltro oggetto di specifica disciplina, talché mancano tutte le condizioni per il ricorso al procedimento analogico (art. 12, comma 2 delle preleggi).
Infine, sempre preliminarmente, il Collegio ritiene che le richieste istruttorie formulate dalla difesa del convenuto non possono essere accolte. Ciò perché il materiale sin qui acquisito in fascicolo è difatti più che sufficiente per ricostruire, ai fini che qui rilevano, sia il quadro generale sia la riferibilità causale, ed arrivare ad una documentata valutazione delle fattispecie in esame.
Nel merito, la domanda attrice si fonda sull’assunto che il convenuto, medico di medicina generale (MMG) in rapporto di convenzione con il Servizio sanitario nazionale, avrebbe causato all’erario un danno prescrivendo ai propri pazienti farmaci a carico del suddetto SSN in violazione della normativa vigente.
La fattispecie rientra in una tipologia già esaminata da questa Sezione (cfr. sentenze n. 9/2010, 404/2010, 374/2011, 726/2011), la quale ha espresso un orientamento giurisprudenziale che, nelle sue linee generali, va integralmente confermato.
Si è intanto precisato che la normativa applicabile è quella che ha
posto limiti alle prescrizioni di medicinali. Tra le norme in questione, si rammentano l’art. 1, co. 4, del D.L. 20 giugno 1996 n. 323, convertito in L. 8 agosto 1996 n. 425, con il quale, premesso che la prescrizione dei medicinali rimborsabili a carico del Servizio sanitario nazionale deve essere conforme alle condizioni e alle limitazioni previste dai provvedimenti della Commissione unica del farmaco (CUF, ora AIFA) e che gli appositi moduli del SSN non possono essere utilizzati per medicinali non ammessi a rimborso, si è stabilito che “il medico è tenuto a rimborsare al Servizio sanitario nazionale il farmaco indebitamente prescritto”; l’art. 3 della L. 8 aprile 1998 n. 94, secondo il quale “il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste nell’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dal Ministero della Sanità” (scheda tecnica ministeriale); l’Accordo collettivo nazionale reso esecutivo con il D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, che, dopo aver definito, all’art. 15-bis, co. 1, il MMG come colui che, tra l’altro, “assicura l’appropriatezza nell’utilizzo delle risorse messe a disposizione dalla Azienda per l’erogazione dei livelli essenziali ed appropriati di assistenza…” aggiunge, all’art. 36, che “la prescrizione dei medicinali avviene, per qualità e per quantità, secondo scienza e coscienza, con le modalità stabilite dalla legislazione vigente nel rispetto del prontuario terapeutico nazionale, così come riclassificato dall’art. 8 della L. 24 dicembre 1993, n. 537”.
Nel caso in esame, posto che sono state censurate dalla Procura
regionale prescrizioni effettuate dal convenuto negli anni 2002-2004, i provvedimenti della CUF da tenere in considerazione sono contenuti nel decreto del Ministero della sanità del 22/12/2000 (in G.U. n. 7 del 10/01/2001), recante “Revisione delle note riportate nel provvedimento 30 dicembre 1993 di riclassificazione dei medicinali e successive modificazioni”, nel decreto del Ministero della salute 27/09/2002 (in G.U. n. 249 del 23/10/2002), recante “Riclassificazione dei medicinali ai sensi dell’art. 9, commi 2 e 3, della L. 8 agosto 2002, n. 178”, nel decreto del Ministero della salute 21/11/2002 (in G.U. n. 280 del 29/11/2002), recante “Modificazioni ed integrazioni al decreto 27 settembre 2002 Riclassificazione dei medicinali ai sensi dell’art. 9, commi 2 e 3, della L. 8 agosto 2002, n. 178”, e infine nel decreto del Ministero della salute 20/12/2002 (in G.U. n. 4 del 07/01/2003), recante “Elenco dei medicinali rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale ai sensi del decreto del Ministero della salute 27 settembre 2002 recante la riclassificazione dei medicinali ai sensi dell’art. 9, commi 2 e 3, del D.L. 8 luglio 2002, n. 138, convertito dalla L. 8 agosto 2002, n. 178, pubblicato nel supplemento ordinario n. 200 alla Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 249 del 23 ottobre 2002, e successive modificazioni”.
Inoltre devono essere tenute in debito conto le c.d. note A.I.F.A. che sono definite dalla stessa Agenzia Italiana del Farmaco come “… uno strumento normativo volto a definire gli ambiti di rimborsabilità di alcuni medicinali. Originariamente pensate come strumento di
governo della spesa farmaceutica, le Note sono progressivamente
diventate un mezzo per assicurare l’appropriatezza d’impiego dei farmaci, orientando, in alcuni casi, le scelte terapeutiche a favore di molecole più efficaci e sperimentate. In questo senso, tra gli strumenti che regolano l’accesso ai farmaci, le Note, più di altre norme, si ispirano ai criteri della medicina basata sulle prove di efficacia. Si fondano cioè sui risultati, criticamente valutati, di sperimentazioni cliniche randomizzate e, possibilmente, multiple. La revisione periodica delle Note risponde, quindi, appieno all’esigenza di aggiornare le limitazioni rispetto alle nuove evidenze disponibili nella letteratura scientifica. Nel corso del tempo, infatti, le Note hanno subito un’evoluzione nei contenuti e nelle finalità, sempre per tenere conto delle novità emerse sull’efficacia dei singoli farmaci o sulla presenza e frequenza di reazioni avverse”.
Tanto precisato, secondo la Procura attrice il danno sarebbe derivato da una condotta prescrittiva inappropriata rifacendosi al riguardo a quanto in proposito precisato a più riprese dall’A.S.L. di Varese.
Al riguardo il Collegio deve rilevare che la domanda attrice risulta sfornita di fondamento per mancanza di prova della condotta antigiuridica.
Ciò perché facendo corretta applicazione delle norme in tema di distribuzione dell’onere probatorio tra le parti (art. 2697 c.c.), deve infatti ritenersi che nel caso di specie, non spetti al medico convenuto di provare che i pazienti soffrissero effettivamente di patologie
rientranti tra quelle indicate dalle note CUF nn. 2, 5, 48 e 48 bis –
onere che oltre tutto, per incidens, sarebbe comunque assai difficile assolvere, dato il lungo tempo trascorso dai fatti – ma viceversa sia l’attore a dover provare il contrario.
Il fondamento della domanda proposta è infatti che le prescrizioni siano state effettuate al di fuori dei casi contemplati nella nota CUF di riferimento o, per riportarsi (in negativo) alla dizione normativa, che non siano state “conformi alle condizioni e alle limitazioni previste dai provvedimenti della Commissione unica del farmaco” (art. 1, comma 4 D.L. n. 323 del 1996 cit.). Di tale fatto andava quindi fornita la prova certa, che non è stata data, essendosi dimostrato, tutt’al più, che le patologie diagnosticate avrebbero potuto non essere tra quelle elencate dalle note sopra richiamate.
A questo proposito, non rileva che quello posto a fondamento della domanda sia un fatto negativo, perché, come precisato dalla Corte di cassazione, ciò non implica alcuna inversione dell’onere probatorio ma solo la necessità, per la parte onerata, di provare i fatti (positivi) ad esso contrari (ex multis, sentenza n. 4336 del 09/04/1993).
Nel caso specifico, la prova sarebbe data dall’assenza di documentazione (diagnostica strumentale, indicazione specialistica, ecc.) che dimostri l’esistenza delle patologie che avrebbero giustificato la prescrizione dei farmaci.
Ma tale fatto non costituisce dimostrazione, neppure di tipo presuntivo, di quello contestato, considerando, per un verso, che non è obbligo del medico conservare copia di referti o prescrizioni di
medici specialisti o quant’altro, per altro verso che l’assenza di
riscontro negli archivi della ASL di esami o visite specialistiche non è significativa (non potendosi escludere che il paziente li abbia effettuati a proprie spese).
La stessa ASL, si limita a rilevare che non vi sono dichiarazioni o documenti che indichino l’osservanza delle note CUF.
Infine, per quanto riguarda le quattro ricette prescritte dal B. quando i pazienti risultavano essere ricoverati deve rilevarsi che effettivamente in uno dei quattro casi in contestazione il ritiro in farmacia del farmaco prescritto risulta essere successivo al periodo di ricovero.
Per gli altri tre casi invece il fatto che le ricette siano state prescritte mentre il paziente era ricoverato risulta essere elemento al limite solo indiziario dell’inappropriata prescrizione, ma non può certo assurgere a piena prova della condotta antigiuridica contestata in questa sede.
Infatti, non è possibile escludere a priori che i farmaci pur in costanza di ricovero siano stati correttamente prescritti in assenza degli stessi presso l’Ospedale o che comunque sia un errore materiale certamente verificabile (in casi limitatissimi come nella specie) considerato il numero di pazienti in carico al Dott. B..
La domanda della Procura deve quindi essere rigettata.
Di conseguenza, vanno liquidati onorari e diritti nei riguardi della difesa del convenuto, stante il proscioglimento nel merito.
A tal proposito il Collegio, tenuto conto della natura e dell’oggetto
della causa, ritiene che dette competenze possano essere liquidate
nell’importo complessivo pari ad Euro 2.000,00 (Euro duemila//00), di cui Euro 1.500,00 (Euro millecinquecento//00) per onorari ed Euro 500,00 (Euro cinquecento//00) per i diritti spettanti al difensore del convenuto. Ai predetti importi deve anche aggiungersi il 12,50% di spese generali, l’I.V.A. e la C.P.A..
P.Q.M.
La Corte definitivamente pronunciando rigetta la domanda proposta nei confronti del Dott. S.B..
Pone a carico dell’A.S.L. di Varese, ai fini del rimborso previsto dall’art. 3, comma 2-bis del D.L. n. 543 del 23 ottobre 1996conv. con L. n. 639 del 20 dicembre 1996, le somme che detta Amministrazione è tenuta a pagare per onorari e diritti di difesa, così come liquidate in motivazione.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 9 marzo 2016.
Depositata in Cancelleria 12 aprile 2016.