La procura aveva posto a fondamento della propria azione la spedizione da parte del MMG di alcune ricette – esaminate a campione – ritenute inappropriate o errate e, partendo da tale dato, aveva calcolato un danno erariale complessivo, operando una sorta di proiezione della spesa ritenuta erronea sulla totalità delle ricette spedite dalla convenuta.

La Corte dei Conti nel rigettare la richiesta di risarcimento del danno in capo al medico, ha osservato che anche prescindendo dalla valutazione in ordine alla valenza probatoria – in un giudizio di responsabilità erariale – di un simile processo di determinazione del danno, il dato iniziale di tale ragionamento risultava errato e non veritiero.

Corte dei Conti – Sez. Giur. Lombardia; Sent. n. 83 del 01.02.2011

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di citazione notificato in data 23 settembre 2009, la Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti conveniva in giudizio la convenuta (medico di medicina generale dell’ASL della Regione Lombardia, in rapporto di convenzione con il SSN per il periodo 2002-2004), per sentirla condannare al pagamento, in favore dell’ASL della Provincia di Pavia e della Regione Lombardia, della somma di ¤. 33.470,00 – oltre interessi legali, rivalutazione monetaria e spese di giudizio – con riferimento al danno arrecato alle suddette amministrazioni attraverso un’attività di prescrizione di medicinali in misura particolarmente elevata rispetto alla generalità dei colleghi operanti presso le rispettive ASL di competenza.

La medesima Procura riferiva che il fenomeno era stato segnalato con nota della Guardia di Finanza in data 8 luglio 2005, a seguito della quale essa Procura aveva delegato un’attività di indagine alla sezione accertamenti responsabilità amministrativa e danni erariali della stessa Guardia di Finanza presso il Nucleo regionale della Polizia tributaria Lombardia.

All’esito di tale attività, era stata prodotta la relazione prot. n. 33075/05 del 21 febbraio 2006, redatta secondo i seguenti criteri.

In primo luogo, erano stati evidenziati tipologie e criteri di monitoraggio della spesa farmaceutica.

Successivamente, si era proceduto ad esaminare, secondo tali criteri, la sola spesa connessa a taluni farmaci la cui prescrizione è meno influenzata da valutazioni di tipo specialistico ovvero da particolari anomalie o patologie dei pazienti.

In particolare, si era analizzata la spesa inerente la prescrizione di farmaci appartenenti, secondo il criterio di classificazione ATC (Anatomica Terapeutica Chimica), alle categorie A (gruppo anatomico: apparato gastrointestinale e metabolismo), C (gruppo anatomico: sistema cardiovascolare), J (gruppo anatomico: antimicrobici generali per uso sistemico) e M (gruppo anatomico: sistema muscolo-scheletrico).

Infine, erano stati presi in considerazione i medici che, con riferimento a tali categorie, risultavano “iperprescrittori” (la cui attività prescrittiva di medicinali appariva particolarmente difforme, per eccesso, rispetto ad una media ponderata di quella della generalità degli altri medici) per due annualità consecutive.

In particolare, le fasi dell’attività di accertamento erano state le seguenti:

a) era stata calcolata la spesa media sostenuta per ciascun assistito con riferimento alle singole classi di ATC, ottenuta dividendo la spesa annua derivante dalle prescrizioni effettuate da ogni singolo medico per il numero dei suoi assistiti; tale secondo numero, peraltro, era stato corretto (id est “pesato”), in ragione delle fasce d’età e del sesso, così da rendere omogenei tra loro i dati attinenti ai diversi medici;

b) era poi stata calcolata, per ogni classe di ATC, la spesa media per assistito generata, con riferimento ad ogni ASL, dai medici con assistiti superiori a 500;

c) la voce sub b) era stata sottoposta ad una duplice maggiorazione (c.d. scarto quadratico medio), al fine di omogeneizzare ancor più il dato, depurandolo da specificità inerenti l’età, il sesso, la dislocazione territoriale, le patologie, le cronicità o le peculiarità connesse a terapie specialistiche;

d) il dato sub c) era stato raffrontato con quello sub a), così da far emergere i nominativi dei medici la cui attività prescrittiva era superiore alla detta media.

Fra questi, per l’appunto, risultava compresa l’attuale convenuta, la cui iperprescrizione per gli anni 2002, 2003 e 2004 avrebbe comportato un danno erariale pari a ¤. 32.556,04.

La Procura, inoltre, aveva proceduto ad analizzare, per ciascun anno e per ciascun gruppo ATC, la differenza tra la spesa medica per assistito originata dalla convenuta e quella media maggiorata di due deviazioni standard, ottenendo sempre una differenza positiva.

Infine, la Procura aveva chiesto all’ASL di procedere ad una verifica, a campione, dell’appropriatezza delle prescrizioni, secondo i criteri di cui all’art. 3, legge 8 aprile 1998, n. 94 (“il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dal Ministero della sanità”), integrato dalle indicazioni fornite dalla Commissione unica del farmaco tramite le note CUF, ora AIFA.

Da tale ulteriore controllo, erano emerse circa 150 prescrizioni, allegate agli atti del giudizio, inappropriate (ad es. per sovradosaggio), idonee a causare un danno erariale di ¤. 3.009,04.

A seguito di notifica dell’invito a dedurre (in data 20 novembre 2008), la convenuta non presentava proprie deduzioni.

2. Venendo al merito della questione, la Procura, dando per assodata la sussistenza della giurisdizione di questa Corte in tema di responsabilità erariale dei medici di medicina generale convenzionati con la ASL, anche con particolare riferimento all’ipotesi di iperprescrizione farmaceutica, riteneva sussistenti tutti gli elementi della responsabilità erariale.

In via generale, previo esame della normativa di settore (in particolare dell’accordo collettivo nazionale dei medici di medicina generale, reso esecutivo con il d.P.R. 28 luglio 2000, n. 270), evidenziava come, nell’attuale ordinamento, la spedizione della ricetta assuma la funzione di autorizzare non solo l’acquisto del farmaco ma altresì l’onere finanziario dell’amministrazione sanitaria.

A tal fine, l’attività del medico di medicina generale deve conformarsi ai principi di economicità e riduzione degli sprechi, appropriatezza ed efficacia dell’intervento.

Per quanto attiene all’individuazione del danno erariale, al danno da iperprescirizone (pari a ¤. 32.556,04), la Procura riteneva doversi aggiungersi un ulteriore danno da disservizio, consistente nelle spese e nei costi aggiuntivi sostenuti dall’amministrazione per ripristinare la propria efficienza organizzativa. Tale danno, con riferimento alle spese vive sostenute per svolgere l’indagine in questione, era pari a ¤. 913,98; in totale, dunque, il danno di cui si chiedeva il risarcimento era pari a ¤. 33.470,00.

Sussisteva, inoltre, a giudizio della Procura, anche l’elemento soggettivo della colpa grave, atteso che trimestralmente l’ASL di competenza inviava alla convenuta dei reports contenenti i dati sulla prescrizione farmaceutica ritenuta conforme al monitoraggio dell’assistenza territoriale.

3. Costituitasi con comparsa depositata in data 1 marzo 2010, la convenuta si opponeva alla domanda.

In primo luogo, constatava la mancata detrazione dal danno delle somme corrisposte all’erario dal paziente a titolo di compartecipazione alla spesa sanitaria.

In secondo luogo, contestava la modalità di determinazione del danno, in quanto, da un danno pretesamente accertato in concreto pari a ¤. 3.009,04, si giungeva ad una determinazione, presuntiva, determinata in via statistica, di un danno pari a ¤. 32.556,04.

Parimenti contestato era il parametro (media statistica) utilizzato per l’individuazione dell’an del danno.

Inoltre, riteneva che il procedimento per l’accertamento del danno eseguito dalla Guardia di Finanza avesse violato sia la normativa in tema di procedimento amministrativo (per mancata comunicazione dell’avvio dello stesso alla convenuta), sia quella in tema di privacy (per l’utilizzo di dati sensibili) sia, infine, quella contrattualmente prevista dal DPR. 270/2000 per l’accertamento dell’inadeguatezza prescrittiva (che prevede un controllo da parte di un comitato di monitoraggio costituito all’interno dell’ASL e la successiva contestazione al medico). Riteneva, inoltre, che da tali deficit procedimentali emergesse una responsabilità dell’ASL per mancata vigilanza sull’operato delle strutture sanitarie.

Nel merito, veniva eccepita l’intervenuta prescrizione dell’azione di responsabilità erariale, con riferimento alle prescrizioni antecedenti la data del 17 dicembre 2003 (essendo stato l’invito a dedurre notificato in data 17 dicembre 2008). Veniva, poi, messa in dubbio l’attendibilità del calcolo statistico operato dalla Procura, in ragione delle falle del sistema informatico sanitario anche in considerazione del numero degli assistiti (essendo spesso conteggiati i defunti e non conteggiati gli extracomunitari). Veniva, altresì, evidenziata la mancata possibilità di verificare i dati inerenti la spesa farmaceutica e l’assenza di obbligatorietà del rispetto della media prescrittiva. Veniva, inoltre, evidenziata la particolarità, da un punto di vista epidemiologico, dell’area (Vigevano) oggetto dell’attività professionale della convenuta, in quanto la relativa popolazione soffriva in modo particolare di patologie dell’apparato muscolo-scheletrico (conseguenza della bassa scolarizzazione e della presenza di lavori usuranti). Procedeva, ancora, alla contestazione dei rilievi mossi in ragione delle prescrizioni esaminate a campione e relative a 4 pazienti.

Infine, premesso che le note CUF/AIFA hanno valenza di mero strumento di indirizzo, negava la sussistenza, nel proprio comportamento, del requisito della colpa grave.

4. Con ordinanza in data 23 marzo 2010, questa Sezione chiedeva che la Procura regionale, previo esame della documentazione medica depositata dalla parte convenuta e relativa alle prescrizioni allegate all’atto di citazione, esprimesse le proprie valutazioni in ordine alla relativa appropriatezza prescrittiva, sia secondo i canoni della scienza medica che secondo i precetti ricavabili dal prontuario terapeutico nazionale e dalle schede tecniche ministeriali.

Con nota prot. 67267 del 5 agosto 2010, l’ASL di Pavia, esaminata la documentazione in atti, concludeva per l’appropriatezza delle prescrizioni de quibus.

Con memoria depositata in data 29 settembre 2010, la Procura chiedeva dichiararsi cessata la materia del contendere con compensazione delle spese di giudizio.

5. Nella pubblica udienza del 26 ottobre 2010, udita la relazione del giudice relatore, entrambe le parti illustravano le proprie tesi. Terminata la discussione, la causa veniva trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La domanda, come in atti formulata dalla Procura attrice, non merita accoglimento.

Com’è noto, elemento imprescindibile ed indispensabile perché l’azione di responsabilità erariale possa essere proposta e coltivata è l’esistenza di un danno erariale da risarcire; l’assoluta necessità di tale presupposto è condivisa anche da coloro che, in dottrina e giurisprudenza, propendono per una ricostruzione in chiave sanzionatoria della detta azione.

Nel caso di specie, la Procura, sulla scorta di quanto affermato dall’ASL di Pavia con nota prot. 67267 del 5 agosto 2010, conviene in ordine all’appropriatezza delle prescrizioni mediche allegate alla citazione e, dunque, sull’inesistenza di un danno erariale da risarcire. Peraltro, da tali presupposti, fa scaturire una richiesta di declaratoria della cessazione della materia del contendere, con conseguente compensazione delle spese di giudizio.

Com’è noto (e come risulta anche semanticamente evidente) vi è cessazione della materia del contendere quando, nel corso di un procedimento contenzioso giurisdizionale, intervenga un atto o un fatto che comporti il venir meno della ragion d’essere del processo, per motivi oggettivi (ad esempio, la morte di uno dei coniugi nel giudizio di separazione personale) o soggettivi (ad esempio, la rinuncia all’azione da parte dell’attore).

Nel caso di specie, tale condizione non si è verificata affatto, essendosi, invece, verificato, nel corso del processo, il mero accertamento dell’inesistenza ab initio del danno di cui si era chiesto il risarcimento.

Difatti, la Procura aveva posto a fondamento della propria citazione la spedizione (da parte della convenuta, medico la cui attività prescrittiva appariva notevolmente superiore alla media) di alcune ricette – esaminate a campione – ritenute inappropriate o errate e, partendo da tale dato, aveva calcolato un danno erariale complessivo, operando una sorta di proiezione della spesa ritenuta erronea sulla totalità delle ricette spedite dalla convenuta.

Prescindendo dalla valutazione in ordine alla valenza probatoria – in un giudizio di responsabilità erariale – di un simile processo di determinazione del danno (più consono, forse ad adiuvare questa stessa Corte nell’esercizio della sua funzione di controllo sulla gestione), non può non osservarsi come il dato iniziale di tale ragionamento (l’inappropriatezza delle prescrizioni mediche allegate agli atti del giudizio), sia risultato errato e non veritiero, avendo l’ASL di Pavia, con giudizio condiviso dalla Procura attrice, concluso per l’appropriatezza delle prescrizioni stesse.

Ne deriva, dunque, che in corso di causa non è venuto meno il danno ma, più semplicemente, se n’è accertata la radicale ed iniziale inesistenza.

D’altro canto, nessun addebito può muoversi alla convenuta per non aver contestato la domanda già in sede di invito a dedurre, non potendosi ritenere la mancata attivazione di una facoltà circostanza idonea ad invertire l’onere della prova che, con riferimento agli elementi costitutivi della responsabilità erariale, primo fra tutti il relativo danno, non può che gravare sulla Procura attrice.

Ne consegue, dunque, il rigetto della domanda come in atti proposta.

2. Questo giudice, inoltre, deve provvedere d’ufficio alla liquidazione di onorari e diritti spettanti come per legge alla difesa del convenuto prosciolto nel merito (Cass., sez. III, 9 febbraio 2000 n. 1440), non essendo stata depositata l’apposita nota di cui all’art. 75 disp.att. c.p.c. La liquidazione è effettuata in conformità alle norme ed alle tabelle A (tavola V^) e B della vigente tariffa approvata con D.M. 8 aprile 2004 n. 127, applicando per quanto riguarda il valore della causa, gli artt. 10 e 11 c.p.c.

Tenuto conto della natura, dell’oggetto, della difficoltà della causa e della difesa svolta dal difensore, ritiene il Collegio che dette competenze possano essere liquidate al minimo tariffario previsto dalle tabelle, non presentando la causa questioni di particolare complessità giuridica o speciali difficoltà processuale, mentre devono essere altresì liquidate le “spese generali” nella misura del 12,5% sull’importo degli onorari e dei diritti ripetibili di cui all’art. 14 del citato D.M.

P.Q.M.

la Corte dei conti – Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia – definitivamente pronunziando, rigetta la domanda come in atti proposta nei confronti di X. X.  e pone a carico dell’ASL della Provincia di Pavia e della Regione Lombardia, ai fini del rimborso previsto dall’art. 3, co. 2 bis del d.l. 23 ottobre 1996 n. 543 conv. con l. 20 dicembre 1996 n. 639, la somma che detta amministrazione è tenuta a pagare per onorari e diritti di difesa al convenuto prosciolto, nella misura di ¤. 1.823,00 (di cui ¤. 1.265,00 per onorari), oltre il 12,5% per le “spese generali” di cui all’art. 14 del D.M. 8 aprile 2004 n. 127.

Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 26 ottobre 2010.