La vicenda sottoposta al vaglio della Corte dei Conti, atteneva all’ipotizzato danno all’immagine patito dalla ASL per la condotta dolosa di un direttore di unità operativa nonché professore ordinario presso una Università, derivante dalla pluriennale percezione di denaro “in nero” e non dovuto – da 1.000 a 4.000 euro per ciascun episodio – dai suoi pazienti per effettuare in tempi più rapidi rispetto alla programmata calendarizzazione, interventi chirurgici in regime di convenzione con il SSN.

Lo stesso medico riconosceva in sede penale la percezione delle somme di denaro, definendole, meri “oboli” spontanei per lo “sforzo orario professionale”.

Nella ricostruzione operata dal Giudice contabile, Le condotte illecite vedevano, oltre ai pazienti concussi, un altro distinto soggetto leso, ovvero la pubblica amministrazione sanitaria, danneggiata nella sua immagine, mentre irrilevante appariva la natura del reato posto in essere (corruzione o concussione) o la qualifica giuridica all’atto della percezione di denaro in nero (pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio): ciò che in sede giuscontabile rileva è la qualifica di pubblico dipendente (e non necessariamente di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) del convenuto e della occasionalità necessaria della percezione di somme con l’espletamento di compiti istituzionali.

La Corte dei Conti, pronunciando sentenza di condanna evidenziava, altresì, che la notorietà nazionale ed internazionale del medico, a differenza di analoghe situazioni illecite aventi come protagonisti oscuri funzionari di modesta qualifica professionale,  erano idonee a rendere ancor più devastante il ritorno negativo di immagine dell’amministrazione sanitaria, che ne risultava enormemente discreditata. [Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]