Andavano d’amore e d’accordo, ma i suoceri di lui gravavano su ogni decisione familiare, dividendo i coniugi e mettendo in difficoltà l’armonia della coppia. Giunto al limite della sopportazione, il marito si è risolto a chiedere la separazione, ma non ha voluto rinunciare a vedere il figlio adolescente. La controversia è finita davanti a una corte di tribunale, e al termine dei tre gradi di giudizio la Corte di Cassazione (sentenza 11922 dello scorso 22 maggio) ha dato pienamente ragione al marito, confermando, oltre alla separazione senza addebito, la decisione della Corte d’Appello di Roma di non imporre orari o giorni di visita al figlio. Nelle motivazioni della sentenza la prima sezione civile ha precisato l’inesistenza di elementi dai quali poter desumere che l’allontanamento dalla casa coniugale possa essere stato determinato da ragioni contrarie agli obblighi inerenti il matrimonio, interpretando il distacco come conseguenza del venir meno dell’affetto coniugale, piuttosto che come causa del fallimento del matrimonio, portando a carico di questo esito l’atteggiamento ostile e invadente dei suoceri.