Sono ammissibili e possono essere utilizzate nel procedimento penale le intercettazioni ambientali eseguite nella stanza di un ospedale deve escludersi che la stanza di degenza di un ospedale, luogo lato sensu pubblico, posto sotto il diretto controllo del personale ospedaliero, rientri nel concetto di privata dimora, non potendosi considerare nel “possesso” esclusivo delle singole persone ricoverate, alle quali non compete un indifferenziato “ius excludendi alios”. [Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]

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FATTO

Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Bari ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di […], avverso l’ordinanza in data 8-1-2009, con la quale il GIP del Tribunale di Trani ha applicato nei confronti del predetto indagato la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di cui agli artt. 81 cpv, 110 c.p., 73 commi 1 e 6 d.p.r. 309/1990 (capo A) e 9 comma 2 l. 14231956 (capo B).

Il quadro indiziario è stato desunto, in particolare, dai risultati delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, svoltesi anche mediante riprese audiovisive presso l’Ospedale Civile di Trani, ove trovatasi […] in seguito alle lesioni riportate per l’esplosione, al suo indirizzo, di alcuni colpi di arma da fuoco, nonché dall’esito dell’attività di osservazione, pedinamento e controllo posta in essere dalla P.G. operante, che ha portato, in data 29-10-2008, all’arresto del […] trovato nel possesso di cocaina che, alla vista dei Carabinieri, tentava di ingoiare.

Ricorre il […] a mezzo suo difensore, eccependo la inutilizzabilità degli esiti delle captazioni ambientali audio – video effettuate nella stanza di degenza ospedaliera ove era ricoverato il coindagato […]. Sostiene che la stanza di degenza ospedaliera rientra, ex art. 614 c.p., tra i luoghi di privata dimora, nei quali, ai sensi dell’art. 266 comma 2 c.p.p., l’attività di intercettazione è consentita solo vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa. Aggiunge che, ai fini delle riprese visive, l’ospedale non può essere trattato come un luogo pubblico o esposto al pubblico e che, pertanto, in ragione della tutela costituzionale garantita alle attività che in esso si svolgono, destinate a rimanere riservate, le modalità intrusive adottate richiedevano un congruo provvedimento giustificativo.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Come è stato puntualizzato da questa Corte, ai fini dell’ammissibilità ed utilizzabilità delle intercettazioni tra presenti di cui all’art. 266 comma 2 c.p.p., per luogo di privata dimora deve intendersi quello adibito all’esercizio di attività che ognuno ha il diritto di svolgere liberamente e legittimamente senza turbativa da parte di estranei; deve cioè trattarsi di luoghi che assolvano attualmente e concretamente la funzione di proteggere la vita privata di coloro che li posseggono, i quali sono titolari dello “ius excludendi alios”, al fine di tutelare il diritto alla riservatezza di ciascun soggetto nelle sue personali modalità esistenziali, che l’art. 14 Cost. garantisce proclamando l’inviolabilità del domicilio (Cass. Sez. 1, 6-5-2008 n. 32851).

Alla stregua di tali principi, deve escludersi che la stanza di degenza di un ospedale, luogo lato sensu pubblico, posto sotto il diretto controllo del personale ospedaliero, rientri nel concetto di privata dimora, non potendosi considerare nel “possesso” esclusivo delle singole persone ricoverate, alle quali non compete un indifferenziato “ius excludendi alios”.

Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ai fini dell’ammissibilità delle intercettazioni ambientali nella stanza ospedaliera, non occorreva che in tale luogo si stesse svolgendo un’attività criminosa.

Quanto alle riprese visive, si osserva che poiché, come riconosciuto dalla stesso ricorrente, l’ospedale non è riconducibile alla nozione di “domicilio”, le stesse devono ritenersi legittime, essendo state autorizzate, come si legge nell’impugnata ordinanza, dall’autorità giudiziaria con provvedimenti congruamente motivati ed essendo stato quindi assicurato il livello minimo di garanzia previsto dall’art. 14 Cost. per gli atti invasivi da compiersi nei luoghi in cui, come nei nosocomi, è comunque garantita un’area di intimità e di riservatezza (Cass. Sez. 4, 16-3-2000 n. 7063).

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 1 ter disp. att. c.p.p.

Così deciso in Roma il 13-5-2009

Omissis

Depositato in cancelleria il 03.06.2009