A gennaio, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema del risarcimento del danno da irragionevole durata del processo, materia disciplinata dalla Legge Pinto. Tale normativa ha cercato di porre dei paletti per tutelare i cittadini di fronte all’irragionevole durata delle cause, stabilendo la possibilità di ottenere un equo indennizzo. Le statistiche, infatti, parlando chiaro:  il primo grado di giudizio dura mediamente tre anni, il secondo grado due ed è necessario un anno per ogni fase di giudizio successiva.

Il caso sottoposto alla Cassazione riguardava un giudizio di primo grado davanti al TAR durato ben 13 anni: la Suprema Corte, nella sentenza, ha riconosciuto ad ogni ricorrente il diritto di ottenere dal Ministero dell’Economia e delle Finanze una somma di 6.500 €.

La sentenza è, inoltre, sicuramente degna di nota per il fatto  che ha stabilito che il diritto all’equa riparazione spetta a tutte le parti coinvolte nel procedimento e non soltanto a quelle ritenute vittoriose. In questo caso specifico, infatti, la domanda di risarcimento era stata accolta anche se era stata presentata da coloro che erano risultati soccombenti nel processo amministrativo. Infatti, è proprio la violazione del termine di durata ragionevole del processo che fa sorgere il diritto alla riparazione, anche a favore della parte che ha perso la causa: tale diritto, inoltre, non deve assolutamente dipendere dalla consistenza economica o dall’importanza del giudizio. L’unica eccezione ravvisabile è quella in cui il soccombente abbia promosso una lite temeraria.