L’Agenzia delle Entrate ha fatto ricorso contro un medico libero professionista specialista in otorinolaringoiatria per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale (CTR) dell’Emilia Romagna, confermando la decisione di primo grado, ha affermato il diritto della contribuente al rimborso dell’IRAP versata per l’anno 1998, giudicando insussistente il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione.

In particolare l’Agenzia delle Entrate ha censurato la pronuncia impugnata per avere negato che l’attività professionale del sanitario presentasse la connotazione dell’autonoma organizzazione, ancorchè svolta – come accertato nella stessa sentenza – con l’utilizzo di beni strumentali sofisticati e tecnologicamente avanzati e con l’utilizzo di prestazioni fornite in comune per le quali il contribuente aveva pagato ad altri professionisti la somma di L. 52.071.000.

Cassazione Civile – Sez. VI; Sent. n. 5320 del 03.04.2012

FATTO E DIRITTO

L’Agenzia delle Entrate ricorre contro L.P., medico libero professionista specialista in otorinolaringoiatria, per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, confermando la decisione di primo grado, ha affermato il diritto della contribuente al rimborso dell’IRAP versata per l’anno 1998, giudicando insussistente il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione.

Il ricorrente non si è costituito in sede di legittimità.

All’esito del deposito della relazione ex art. 380 bis c.p.c., la causa veniva discussa nella camera di consiglio del 7.3.12.

Il ricorso si fonda su due motivi; con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, (art. 360 c.p.c., n. 3), censurandosi la sentenza gravata per avere essa negato che l’attività professionale del contribuente presentasse la connotazione dell’autonoma organizzazione, ancorchè svolta – come accertato nella stessa sentenza – con l’utilizzo di “beni strumentali sofisticati e tecnologicamente avanzati” e con l’utilizzo di prestazioni fornite in comune per le quali il contribuente aveva pagato ad altri professionisti la somma di L. 52.071.000; con il secondo motivo si denuncia il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), circa il fatto decisivo e controverso della sussistenza, nella specie, del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, non avendo la Commissione Tributaria Regionale dato conto dei rilievi proposti nell’appello dell’Ufficio sul rilevante valore dei beni utilizzati da professionista (inscritti nel quadro RE della dichiarazione dei redditi per L. 241.623.000) e sul rilevante importo dei compensi corrisposti a terzi (L. 52.071.000).

I due motivi, che per la loro intima connessione possono essere trattati congiuntamente, appaiono manifestamente fondati. La ricorrente in sostanza lamenta che il giudice di merito abbia negato la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione nonostante che l’attività professionale del contribuente si svolgesse con l’impiego di attrezzature tecnologiche sofisticate e costose (per L. 241.623.000) e con l’utilizzo di prestazioni fornite da terzi (per L. 52.071.000).

Al riguardo si premette che, come più volte chiarito da questa Corte (sentenze 3672/07, SSUU 12108/09, 10240/10, 21122/10, 8556/11), in tema di IRAP l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l'”id quod plerumque accidit, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni.

Alla stregua di tali consolidati principi devono ritenersi integrativi del requisito dell’autonoma organizzazione tanto l’utilizzo di attrezzature tecnologiche di rilevante valore quanto l’impiego non occasionale di lavoro altrui, anche se non prestato nelle forme del contratto di lavoro dipendente (cfr. Cass. 10151/10:

“in tema di IRAP, il ricorso al lavoro di terzi per la fornitura di tutti i necessari servizi (dalla telefonia al segretariato) in forma rilevante e non occasionale, ma continuativa, integra il presupposto dell’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, previsto dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, non rilevando che la struttura posta a sostegno e potenziamento dell’attività professionale del contribuente sia fornita da personale dipendente o da un terzo in base ad un contratto di fornitura.).

La Commissione Tributaria Regionale ha trascurato i suddetti principi ed ha motivato contraddittoriamente la propria decisione; quanto ai beni strumentali utilizzati dal contribuente, la sentenza – dopo averne indicato il valore in lire 241.623.000 e aver rilevato che si trattava di beni “sofisticati e tecnologicamente avanzati” – afferma che essi erano “di non rilevante entità” (pag. 2, quartultimo rigo);

quanto alle collaborazioni di terzi all’attività professionale del contribuente, la sentenza – dopo aver dato atto che il contribuente aveva corrisposto a terzi lire 52.071,000 – afferma la non assoggettabilità all’IRAP del professionista “senza collaboratorì (pag. 2, quintultimo rigo).

Il ricorso va quindi giudicato manifestamente fondato, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, perchè sui attenga ai principi sopra enunciati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2012