Nei pagamenti con carta di credito l’esercente ha l’onere di verificare l’apparente corrispondenza tra la firma sul retro della carta e quella apposta sul modulo di spesa scaricato dal POS, richiedendo inoltre un documento d’identità del cliente. Spesso, purtroppo, tali controlli vengono tralasciati. Il Tribunale di Taranto, con la sentenza del 6 novembre 2012, ha evidenziato l’importanza di tale onere, individuando una responsabilità del negoziante nel caso di utilizzo fraudolento di una carta di credito smarrita.

Un cliente che ha perso la propria carta di credito si è rivolto al Giudice di pace per non pagare alla banca gli acquisti eseguiti abusivamente in alcuni esercizi commerciali da chi la carta l’ha ritrovata e ha approfittato del credito a disposizione. La banca eccepiva sia l’omessa custodia sia il ritardo della denuncia da parte del cliente, avvenuta 13 giorni dopo lo smarrimento.

Il Tribunale, adito in appello, ha riformato la sentenza del Giudice di Pace, che aveva dato ragione alla banca, stabilendo prima di tutto la mancanza di diligenza minima da parte degli esercenti coinvolti che, nel caso di specie, non hanno controllato l’apparente corrispondenza tra la firma apposta dal falso titolare sulla ricevuta di pagamento e quella presente sul retro della carta. La banca, dal canto suo, avrebbe potuto a sua volta accorgersi della difformità delle firme e rifiutare l’erogazione delle somme, o qualora fosse già avvenuto lo spostamento di ricchezza, agire nei confronti degli esercenti coinvolti per ottenere la restituzione delle somme.

Premesso quindi che sussiste colpa grave a carico del titolare che non custodisca con sufficiente diligenza la carta di credito o che ne denunci con ritardo lo smarrimento, non è detto che, in caso di utilizzo indebito, la responsabilità non possa ricadere anche sugli altri soggetti contrattualmente coinvolti.