Un medico generico convenzionato con una USL, proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Pistoia contro il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso – presentata nel 2005 – di parte delle ritenute IRPEF operate dall’ENPAM, quale sostituto d’imposta, sulla somma corrisposta all’atto della cessazione del rapporto di lavoro a titolo di indennità di fine rapporto.

Cass. civ.  – Sez. V; Sent. N. 13461 del 13.06.2014

Svolgimento del processo

B.E., medico generico convenzionato con la USL, proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Pistoia avverso il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso, presentata il 13-5-2005, di parte delle ritenute IRPEF operate dall’ENPAM, quale sostituto d’imposta, sulla somma corrisposta all’atto della cessazione del rapporto di lavoro a titolo di indennità di fine rapporto.

A sostegno del ricorso il contribuente evidenziava che la ritenuta operata dall’ENPAM era parzialmente illegittima in quanto la Corte Costituzionale, con sentenze 178/1986 e 877/1988, aveva statuito che non era soggetta a tassazione la quota di indennità relativa ai versamenti obbligatori a carico del lavoratore, in quanto diversamente il contribuente sarebbe stato soggetto a doppia imposizione.

L’adita CTP accoglieva il ricorso.

Con sentenza depositata il 31-1-2008 la CTR Toscana rigettava l’appello dell’Ufficio; in particolare la CTR rilevava che il rapporto dei medici convenzionati con il SSN era di tipo parasubordinato e, come tale, assimilabile, a quello dei lavoratori dipendenti; riteneva, di conseguenza, che correttamente la CTP aveva applicato l’art. 17, comma 2, vecchio TUIR (ora art. 19, comma 2 bis), secondo il quale la detrazione in questione era applicabile ai lavoratori dipendenti ed assimilati.

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un motivo; resisteva l’Agenzia con controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 17 (ex 16), 19 (ex 17) e 21(ex 18), deduceva che erroneamente la CTR aveva desunto dal carattere di parasubordinazione del rapporto di lavoro in questione la riconducibilità di quest’ultimo, ai fini della disciplina fiscale, ai rapporti di lavoro assimilati a quelli dipendenti.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha, infatti, precisato con indirizzo al quale si intende dare continuità, che l’indennità di fine rapporto corrisposta dall’ENPAM ai medici di medicina generale, a seguito dell’attività da costoro prestata per conto dei disciolti enti mutualistici e del servizio sanitario nazionale, trattandosi di rapporto, di natura privatistica, di prestazione d’opera professionale, svolta con carattere di parasubordinazione, rientra tra quelle di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. C (ora 17, comma 1, lett. c) nuovo TUIR), norma che, tra i redditi da assoggettare a tassazione separata, elenca, appunto, “le indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’art. 49, comma 2..”; tale disposizione, a sua volta, qualifica come “redditi di lavoro autonomo” tra gli altri, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa aventi ad oggetto prestazioni professionali, svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto; ne consegue che l’indennità in esame va assoggettata a tassazione separata non già secondo i criteri dettati dall’art. 17 del citato D.P.R. (ora 19 nuovo TUIR.) per le indennità di fine rapporto relative ai rapporti di lavoro dipendente, erroneamente applicati nella sentenza impugnata, ma secondo quelli prescritti al successivo art. 18 (ora 21 nuovo TUIR);

(Cass. n. 16579/2011; 10568/2011; 11762/2009; 16231/09; 24446/2005;

19047/2004; 11372/2003).

Trattasi di indirizzo ormai ampiamente consolidato (v. su riportati precedenti), sicchè, in mancanza di contrasto, non può essere accolta la richiesta, formulata dal contribuente nelle memorie ex art. 378 epe, di rimettere la causa alle sezioni unite.

Nè siffatta interpretazione pone dubbi di costituzionalità, atteso che il differente regime d’imposizione tributaria, apprestato con riguardo, rispettivamente, al lavoro subordinato ed a quello autonomo, è stato ritenuto una corretta espressione della discrezionalità legislativa dalla Corte Cost., che, con la sentenza n. 50 del 1994, relativa, proprio, al trattamento fiscale dell’indennità di fine rapporto corrisposta dall’E.N.P.A.M. a medici di medicina generale, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 18, comma 1, in riferimento all’art. 3 e art. 53 Cost., comma 1, in relazione, appunto, alla diversità delle situazioni considerate (in senso conforme, v. Cass. 19047/2004; 11762/2009; 10562/2011;

16579/2011).

L’impugnata sentenza, che non si è attenuta al suddetto principio, va dunque cassata, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, va decisa nel merito, col rigetto del ricorso del contribuente.

In considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale, si ritiene sussistano giusti motivi dichiarare compensate tra le parti le spese di lite relative ai due gradi del giudizio di merito.

I compensi di lite relativi al presente giudizio di legittimità, liquidati come in dispositivo, stante l’avvenuto consolidamento del principio già al momento della proposizione del ricorso per Cassazione, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dal contribuente; dichiara compensate tra le parti le spese di lite relative ai due gradi del giudizio di merito; condanna il contribuente al pagamento dei compensi di lite relativi al presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 1.200,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sez. tributaria della Corte, il 28 febbraio 2014.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2014