in tema di colpa professionale, qualora ricorra l’ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio. Il principio richiamato, sebbene prenda in considerazione la sinergia tra medici in sala operatoria, ben può essere applicato anche al personale paramedico, nei limiti delle competenze per cui è richiesta la loro prestazione.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 6 febbraio – 16 luglio 2015, n. 30911

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 25/11/2013 la Corte di Appello di Palermo dichiarava non doversi procedere nei confronti di P.S., V.A. e C.C. per il delitto di lesioni colpose in danno di G.C., perché estinto il reato per intervenuta prescrizione; con la sentenza venivano confermate le statuizioni civili in favore della parte civile.

Agli odierni ricorrenti, P. e V. era stato addebitato di avere cagionato, in qualità di infermieri generici presso il reparto di unità operativa di gastroenterologia dei presidio Ospedaliero Civico “Benfratelli” di Palermo (in servizio in sala esami radiografici in occasione dell’esecuzione di un’endoscopia, per visionare il colèdoco di G.C.), con condotta colposa consistita nell’erroneo posizionamento della paziente sul lettino ove doveva essere eseguito l’esame e nella omissione di controllo e di successiva vigilanza della stessa nelle fasi di attesa antecedenti all’inizio dell’intervento, lesioni personali alla detta G., consistite in un trauma cranico con emorragia subdurale occipitale, frontale e temporale da ferita lacero contusa, a seguito della rovinosa caduta a terra della donna dal lettino operatorio, successiva alla somministrazione della anestesia in vista della operazione (acc. in Palermo il 19/12/2005).

Nel confermare la condanna, ai limitati effetti civili, la corte di merito rilevava che dai fatti emergeva chiara la condotta colposa dei due infermieri che avevano omesso di legare la paziente in prossimità dell’inizio dell’intervento diagnostico-terapeutico.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli imputati P. e V., lamentando la erronea applicazione della legge ed il vizio della motivazione laddove la corte di merito non aveva tenuto conto delle precise censure formulate, richiamando in modo generico la tematica della colpa da equipe. Nel caso di specie l’unico responsabile del fatto andava individuato nel dott. C. il quale, senza ordine del primario operatore, aveva iniziato la fase di sedazione della paziente mentre gli altri medici erano ancora impegnati in attività preparatoria dell’intervento e nel settaggio degli strumenti. Pertanto la paziente, che era stata correttamente posizionata sul fianco dagli infermieri, persa coscienza era scivolata in terra cadendo dal lettino. La responsabilità andava ricondotta, quindi, esclusivamente al comportamento dell’anestesista che era stato dei tutto anomalo ed imprevedibile.

Considerato in diritto

1. Va premesso che la Corte di merito ha ritenuto che la responsabilità nei fatti dei due infermieri (e dell’anestesista C.) emergesse dalle seguenti circostanze – la paziente G. era ricoverata presso l’ospedale “Benfratelli” per essere operata di calcolosi biliare e del colèdoco;

– in attesa dell’intervento endoscopico, il giorno dei fatti si trovava presso il reparto di radiologia;

– pur non essendo ancora legata, il dott. C. le aveva somministrato l’anestesia alla presenza dei due infermieri P. e V.;

– la paziente, in stato di incoscienza, era caduta dal lettino provocandosi le lesioni di cui al capo di imputazione.

Ha osservato la Corte che la responsabilità dei tre imputati (ai residui fini civili) si desumeva dal fatto che il posizionamento della paziente sul lettino, senza legatura, era stato effettuato dal P. alla presenza del collega V.; l’anestesia era stata somministrata dal C., pur non essendo ancora legata la paziente.

2. Ciò detto va ricordato che questa Corte di legittimità ha statuito che in tema di colpa professionale, qualora ricorra l’ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 46824 del 26/10/2011 Ud. (dep. 19/12/2011), Rv. 252140; conf. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 41317 del 11/10/2007 Ud. (dep. 09/11/2007), Rv. 237891).

Il principio richiamato, sebbene prenda in considerazione la sinergia tra medici in sala operatoria, ben può essere applicato anche al personale paramedico, nei limiti delle competenze per cui è richiesta la loro prestazione.

Nel caso concreto, ha osservato il giudice di merito che una volta posizionata la paziente sul lettino, adagiata su un fianco, tale posizionamento lasciava intendere che la procedura di intervento diagnostico-terapeutico era già iniziata e stava per snodarsi attraverso tutte le successive fasi della anestesia, intubazione ed endoscopia.

Una volta iniziata la procedura, nessuno dei presenti, chiamato a volgere le specifiche attività di competenza, poteva addurre la imprevedibilità del comportamento altrui, soprattutto quando, come nel caso di specie, l’anestesista, sebbene imprudentemente, aveva svolto proprio il compito per il quale era presente in sala e cioè la sedazione della paziente. Il rispetto di regole di normale prudenza, come rilevato dal giudice di merito, avrebbe imposto agli infermieri, una volta messa la paziente sul lettino in una posizione innaturale, sul fianco, ma funzionale all’intervento da svolgere, di legarla immediatamente; ovvero era esigibile da parte loro che non perdessero di vista la paziente, accorgendosi in tal modo dello svolgersi delle fasi dell’intervento e quindi della erogazione della anestesia.

La colpevole omissione di tali doverose condotte, pertanto, correttamente è stata ritenuta concausa dell’evento. Inoltre non potendo la condotta dell’anestesista considerarsi imprevedibile, coerentemente il giudice di merito ha ritenuto la carenza di attenzione dei due infermieri integrare il coefficiente psicologico colposo del delitto contestato.

Valutata pertanto la infondatezza delle censure, il ricorso deve essere rigettato. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese dei procedimento

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.