Se la tabella a cui il giudice ha fatto riferimento per la liquidazione dei danni biologici tiene conto anche delle ulteriori componenti del danno non patrimoniale sopra indicate così come avviene per attuali tabelle approvate dal Tribunale di Milano – la somma conseguentemente attribuita può ritenersi onnicomprensiva del danno biologico e delle sofferenze morali, senza ulteriori aggiunte: ferma restando la necessità di procedere all’ulteriore adeguamento, in relazione agli opportuni criteri di personalizzazione, eventualmente richiesti dal caso concreto.

Il danno non patrimoniale va liquidato in modo unitario e senza procedere a duplicazioni risarcitorie, ma occorre che, nella conclusiva valutazione unitaria, siano comprese tutte le componenti che determinano la consistenza del danno: quindi non solo le lesioni e le sofferenze fisiche (danno biologico), ma anche la sofferenza morale, il dolore psichico, l’eventuale pregiudizio alla vita di relazione, le menomazioni al pieno godimento dei rapporti affettivi e familiari, e così via), evitando solo che sia attribuito più volte il risarcimento in relazione al medesimo atteggiarsi del danno, sulla base di distinzioni puramente nominali fra l’uno e l’altro.

[Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]


Cassazione Civile – Sez. III; Sent. n. 7193 del 10.04.2015

omissis

Svolgimento del processo

Con atto di citazione del 2004 B.D. ha convenuto davanti al Tribunale di Torino – Sez. dist. di Susa – P. V. e A. e la s.p.a. Fondiaria SAI, rispettivamente proprietario, conducente e assicuratrice dell’automobile Ford Sierra sulla quale era trasportato, allorchè il 4 settembre 1999 è stato coinvolto in un grave sinistro stradale lungo l’autostrada X. .

Ha chiesto la condanna solidale dei convenuti al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 409.071,64, in aggiunta alla somma di Euro 100.000,00, già corrisposta dalla Fondiaria.

I convenuti hanno resistito, contestando la quantificazione dei danni.

Esperita l’istruttoria anche tramite CTU, con sentenza n. 129/2008 il Tribunale ha condannato i convenuti a pagare Euro 117.716,18, oltre rivalutazione e interessi.

Proposto appello dai convenuti, a cui hanno resistito gli appellati, con sentenza 3 dicembre – 18 febbraio 2011 n. 253 la Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza di primo grado, ha disposto che gli appellanti null’altro devono pagare, in aggiunta alla somma di Euro 157.000,00, già corrisposta al B. ed ha interamente compensato le spese dei due gradi di giudizio.

Il B. propone tre motivi di ricorso per cassazione, a cui resiste la Fondiaria con controricorso.

Gli altri intimati non hanno depositato difese.

Motivi della decisione

1.- Deve essere preliminarmente rilevato che non è stato depositato dal ricorrente l’avviso di ricevimento della notificazione a mezzo posta del ricorso a Bo.Fr., il quale non ha depositato difese.

Le parti non hanno formulato alcuna istanza di integrazione del contraddittorio ed il Collegio non ritiene necessario procedervi di ufficio, considerato che il Bo. – quale conducente dell’autocarro coinvolto nella collisione – non è litisconsorte necessario rispetto alle domande risarcitorie proposte dal danneggiato.

2.- Il primo motivo denuncia violazione di varie disposizioni di legge in tema di prova e di illecito civile, ed “omessa nonchè contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia”, con riferimento al capo della sentenza impugnata che ha negato al ricorrente il risarcimento dei danni patrimoniali, quantificati in Euro 80.000,00, per avere egli perso l’opportunità, a causa dell’incidente, di essere assunto per quattro anni alle dipendenze della s.r.l. Italcoge, dalla quale avrebbe percepito un compenso di Euro 20.000,00 all’anno.

Deduce il ricorrente che erroneamente la domanda è stata ritenuta inammissibile perchè tardivamente proposta, poichè nelle conclusioni di cui all’atto di citazione in primo grado egli ha chiesto il risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali derivati dal sinistro e tale richiesta da ritenersi comprensiva anche del danno patrimoniale da lucro cessante. Richiama altresì la memoria 24 giugno 2005, depositata ai sensi dell’art. 184 c.p.c., con cui ha prodotto la lettera dell’Italcoge che gli comunicava l’intenzione di assumerlo quale operatore elettrico a tempo indeterminato a decorrere dal 20 settembre 1999, e ha dedotto i capitoli di prova testimoniale sul punto. Rileva che, con memoria di replica, la controparte ha proposto opposizione all’ammissione delle prove, così dimostrando di essere stata messa in condizione di svolgere le proprie difese.

1.1.- Il motivo è fondato.

La domanda di risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, proposta dal danneggiato nei confronti del soggetto responsabile, comprende necessariamente tutte le voci che compongono il danno ed in particolare il lucro cessante, pur se non contiene alcuna precisazione in tal senso, in quanto la domanda stessa, per la sua onnicomprensività, esprime la volontà di riferirsi ad ogni possibile voce di danno (Cass. civ. Sez. 3, 26 febbraio 2003 n. 2869, con riferimento all’omessa, specifica menzione del danno biologico;

Idem, 22 giugno 2006 n. 14456 e 13 ottobre 2009 n. 21680).

La giurisprudenza in contrario citata dalla resistente non è in termini, poichè si riferisce ai casi, diversi da quello di specie, in cui la domanda di cui all’atto di citazione non sia onnicomprensiva, ma indichi specifiche e determinate voci di danno, alle quali sia estranea quella successivamente azionata.

La motivazione con cui la domanda è stata anche respinta nel merito, perchè non sufficientemente provata dalla lettera di intenti della Italcoge, non essendo stato stipulato alcun contratto, è a dir poco insufficiente, tenuto anche conto della perdita delle chance lavorative che l’infortunato, appena diciottenne, avrebbe potuto avere, pur a prescindere dalla certezza che il rapporto di lavoro con la Italcoge sarebbe stato effettivamente concluso e si sarebbe protratto per l’intera durata quadriennale prospettata.

La questione deve essere riesaminata, con più attenta e completa indagine e motivazione.

2.- Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 1226, 2056, 2059 e 2697 c.c., ed omessa motivazione in ordine alla liquidazione del danno biologico, nel capo in cui la Corte di appello ha ritenuto che il giudice di primo grado non abbia fatto riferimento alle tabelle adottate per la liquidazione ed abbia erroneamente concesso la rivalutazione della somma liquidata, pur avendo adottato un valore del punto di invalidità (Euro 2.900,00) vicino al massimo del valore del punto (Euro 3.103) alla data della sentenza (2008) e superiore al massimo di quello in vigore alla data del sinistro.

2.1.- Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile, in quanto mette in discussione un criterio di valutazione del dal danno non patrimoniale che è essenzialmente equitativo e non suscettibile di revisione in sede di legittimità, ove risulti adeguatamente motivato. Le tabelle di liquidazione dei danni costituiscono per l’appunto un parametro di valutazione a cui commisurare il giudizio equitativo, sì da renderlo il meno possibile arbitrario e irragionevole; non costituiscono, invece, criteri di calcolo di rigore matematico inderogabile. La sentenza impugnata ha adeguatamente motivato il suo giudizio di inadeguatezza della somma che era stata attribuita in primo grado senza alcun riferimento ai criteri di valutazione in vigore alla data del sinistro ed in misura invece adeguata ai valori tabellari approvati alla data della liquidazione, deducendone che non si potesse procedere ad ulteriore rivalutazione della somma stessa.

Correttamente ha anche deciso che la somma liquidata dovesse essere devalutata fino alla data del versamento dell’acconto di Euro 100.000,00 – versamento avvenuto il 2 settembre 2002 – prima che da essa venisse detratto l’acconto medesimo.

3.- Il terzo motivo denuncia ancora violazione delle norme sopra citate e contraddittoria od omessa motivazione, nel capo in cui ha negato al ricorrente il diritto al risarcimento dei danni morali, liquidato in suo favore dal Tribunale in Euro 43.500,00, in aggiunta al risarcimento del danno biologico, con la motivazione che il Be. non avrebbe provato per quali ragioni nel caso di specie la dedotta sofferenza emotiva causata dalle lesioni non fosse compresa nel danno biologico e non costituisse duplicazione risarcitoria, ove liquidata in una somma aggiuntiva.

3.1.- Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata ha correttamente richiamato i principi in materia, desumendoli da quanto enunciato da Cass. S.U. 11 novembre 2008 n. 26972, ma non ne ha fatto corretta applicazione al caso in esame.

E’ vero infatti che il danno non patrimoniale va liquidato in modo unitario e senza procedere a duplicazioni risarcitorie, ma occorre che, nella conclusiva valutazione unitaria, siano comprese tutte le componenti che determinano la consistenza del danno: quindi non solo le lesioni e le sofferenze fisiche (danno biologico), ma anche la sofferenza morale, il dolore psichico, l’eventuale pregiudizio alla vita di relazione, le menomazioni al pieno godimento dei rapporti affettivi e familiari, e così via), evitando solo che sia attribuito più volte il risarcimento in relazione al medesimo atteggiarsi del danno, sulla base di distinzioni puramente nominali fra l’uno e l’altro.

Se la tabella a cui il giudice ha fatto riferimento per la liquidazione dei danni biologici tiene conto anche delle ulteriori componenti del danno non patrimoniale sopra indicate così come avviene per attuali tabelle approvate dal Tribunale di Milano (cfr.

Cass. civ. Sez. 3, 6 marzo 2014 n. 5243) – la somma conseguentemente attribuita può ritenersi onnicomprensiva del danno biologico e delle sofferenze morali, senza ulteriori aggiunte: ferma restando la necessità di procedere all’ulteriore adeguamento, in relazione agli opportuni criteri di personalizzazione, eventualmente richiesti dal caso concreto.

Qualora per contro la liquidazione del giudice di merito faccia riferimento a principi o a valori tabellari diversi, elaborati con esclusivo riferimento al danno biologico e tali da non comprendere le altre componenti del danno non patrimoniale, è incongrua la motivazione che liquidi il danno alla salute con l’impiego di tabelle diverse da quelle di Milano, senza renderne nota la provenienza e senza tenere conto di tutte le componenti che concorrono a configurare il danno non patrimoniale in tutti i suoi aspetti rilevanti e meritevoli di compensazione risarcitoria, fra cui in particolare i danni consistenti nelle sofferenze morali (Cass. Civ. n. 5243/2014, cit.).

Nel caso in esame la sentenza di primo grado aveva liquidato separatamente il danno biologico e il danno morale. Sicchè il diniego della somma attribuita a questo secondo titolo ad opera della Corte di appello comporta l’omessa liquidazione di una parte del danno non patrimoniale risarcibile. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata anche per questo capo ed il giudice di rinvio dovrà procedere ad una liquidazione unitaria, che però tenga conto non solo del c.d. danno biologico, ma anche del danno c.d. morale.

4.- In accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso, la sentenza impugnata è cassata nei corrispondenti capi, con rinvio della causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, perchè decida la controversia uniformandosi ai principi sopra enunciati.

5.- La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di cassazione accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso e rigetta il secondo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2015.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2015