Il reato di minaccia si concretizza con la prospettazione di un male ingiusto, idoneo, in considerazione delle concrete circostanze di tempo e di luogo, ad ingenerare timore in chi risulti esserne il destinatario, male che non può essere costituito dalla prospettazione di una legittima azione giudiziaria civile e dalla diffusione di notizie relative all’inadempimento negoziale commesso nei confronti dell’agente. E’ stata esclusa la condanna per una paziente che si era così espressa: ‘vi rovino, voglio la vostra testa’, nei confronti di un dentista a seguito dei danni riportati a causa di cure ritenute da lei inappropriate.

Cassazione penale sez. V, 20/03/2019 n.17159

omissis

Fatto

1 – Con sentenza del 14 novembre 2017, il Tribunale di Forlì, in riforma della sentenza del locale Giudice di pace, assolveva M.S. dal delitto di minaccia ascrittole, consumato il (OMISSIS), perchè il fatto non sussiste.

Il Tribunale osservava che l’espressione proferita dall’imputata “il mio incubo finisce qui, ora inizia il vostro, vi rovino, voglio la vostra testa” si riferiva alla volontà di adire il giudice civile per vedersi risarcire il danno a suo dire patito a seguito delle cure somministratele dalla sua dentista, la persona offesa B.R., posto che il tentativo di accordo transattivo non stava andando a buon fine.

2 – Propone ricorso la parte civile B.R., a mezzo del suo difensore, deducendo, con l’unico motivo, la violazione di legge ed il difetto di motivazione in quanto la frase riportata nell’imputazione, attestata dalla registrazione della conversazione telefonica operata dalla persona offesa, era stata pronunciata in tono intimidatorio, così come emergeva da altri stralci della medesima; non poteva pertanto affermarsi che la M. si fosse limitata a prospettare un’azione civile di risarcimento dei danni.

Costei, infatti, aveva anche minacciato di rivolgersi ai carabinieri del Nas, all’Ordine dei medici ed alla stampa locale, così da esercitare un’illegittima ed intimidatoria pressione sulla B..

3 – Il difensore dell’imputata ha presentato memoria con la quale chiede l’inammissibilità o il rigetto del ricorso in quanto versato in fatto e volto a fornire una tesi alternativa a quella ritenuta dal giudice in assenza di manifesta illogicità della motivazione.

Diritto

Il ricorso presentato nell’interesse della parte civile non merita accoglimento.

1 – La Corte territoriale aveva ricondotto la frase pronunciata dall’imputato al contesto che l’aveva provocata rilevando come la stessa fosse parte di una conversazione telefonica in cui la paziente, l’imputata, si era lamentata, ancora una volta, del fatto che la persona offesa, il suo medico dentista, le avesse procurato, nel corso di una cura, un grave danno, l’avulsione ingiustificata di un dente.

La conversazione, ed in particolare la frase indicata in imputazione – nel ricorso, invero, se ne citano anche altre, senza però allegare, ai fini della necessaria autosufficienza del ricorso, l’integrale trascrizione della stessa – si spiegava come un legittimo tentativo, seppure realizzato con toni concitati, di spingere la controparte ad una bonaria composizione della controversia.

Una osservazione, quella testè riportata, della Corte di merito, che può considerarsi affetta da manifesti vizi logici.

Si deve anche aggiungere che, anche se, poi, fossero state realmente proferite le ulteriori frasi menzionate nel ricorso – circa la volontà di denunciare i fatti alle forze dell’ordine, all’Ordine dei medici e propagarli per via giornalistica (di cui però non si è avuta compiuta contezza) – non si potrebbe ugualmente affermare che fosse stato prospettato alla persona offesa un male ingiusto posto che, anche in tal caso, si deve fondatamente ritenere che l’imputata avrebbe denunciato quanto effettivamente (secondo il suo punto di vista) subito, l’inappropriata cura.

2 – Ne deriva che, con la sentenza impugnata, la Corte di merito ha correttamente applicato i principi di diritto formulati da questa Corte, secondo i quali:

– elemento essenziale del delitto di minaccia è la limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall’autore alla vittima, efficacia intimidatoria che deve essere valutata nel contesto nel quale si colloca la condotta (Sez. 5, n. 45502 del 22/04/2014, Scognamillo, Rv. 261678; Sez. 5, n. 31693 del 07/06/2001, Tretter, Rv. 219851);

– il reato di minaccia si concretizza con la prospettazione di un male ingiusto, idoneo, in considerazione delle concrete circostanze di tempo e di luogo, ad ingenerare timore in chi risulti esserne il destinatario, male che non può essere costituito dalla prospettazione di una legittima azione giudiziaria civile e dalla diffusione di notizie relative all’inadempimento negoziale commesso nei confronti dell’agente (Sez. 5, n. 51246 del 30/09/2014, Marotta, Rv. 261357).

3 – Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2019
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