È lecita l’installazione di un apparecchio di videosorveglianza non collocato direttamente sulla strada, ma su di un immobile privato come, ad esempio, un balcone o un muro perimetrale?
Nessun problema quando lo spazio monitorato è anch’esso di proprietà privata accessibile soltanto alle persone autorizzate all’ingresso dal proprietario. Basterà un avviso che renda edotti circa la presenza di tali strumentazioni.
Il dubbio si pone quando l’area coinvolta si estende allo spazio pubblico o allo spazio privato in comproprietà. Il caso è quello di un androne di un condominio oppure quello di una telecamera che, affissa su un terrazzo o su un cornicione del muro perimetrale, possa ampliare le riprese anche allo spazio frequentato da terzi.

In tali ultime circostanze, sono stati richiamati gli articoli del codice penale, che sanzionano i reati di violenza privata (art. 610) e di molestia o disturbo (art. 660): nello specifico, la coartazione della libertà fisica o psichica cui viene sottoposta una persona, contro la propria volontà, a tollerare, subire o omettere qualcosa.

Nella vertenza condominiale sottoposta allo scrutinio di legittimità del Supremo Collegio, i residenti di un edificio avevano contestato il fatto che, per non essere ripresi dalla telecamera del loro vicino, erano costretti ad utilizzare un ingresso secondario, rispetto a quello principale, compiendo un giro più largo e più scomodo. Ancora, e soprattutto, essi avevano eccepito che anche le abitudini di vita erano monitorate in quanto venivano controllate le loro uscite e le persone che erano da loro ospitate. Nell’espletamento delle attività quotidiane, i condomini erano costretti ad accettare di essere costantemente videoripresi.

La Corte di Cassazione ha ritenuto che, a determinate condizioni, l’asserita offesa al bene giuridico protetto dall’art. 610 cod. pen. (la libertà morale) possa essere tollerata in quanto si tratta di condizionamenti minimi che risultano in concreto inoffensivi (cfr.Cass., sent. n. 20527/19 del 13.05.2019).
In altri termini, la Suprema Corte ha eseguito un delicato contemperamento tra beni e valori ugualmente garantiti dalla Costituzione (proprietà privata, sicurezza sociale, salute, famiglia v. libertà individuale) e ha concluso che la limitazione dei comportamenti da tenere (come fare il “giro largo”, non invitare amici e parenti o invitarli solo in alcuni momenti) fosse meno gravosa dell’esposizione al rischio di furti e rapine e altri danni alla proprietà individuale.

La Corte ha, tuttavia, evidenziato alcune condizioni:

  1. la preventiva informativa al pubblico della presenza di impianti audiovisivi: si richiede di segnalarne, come prevede anche la legge sul trattamento dei dati, la presenza tramite appositi cartelli chiaramente visibili;
  2. la dicitura esplicativa della presenza di strumentazione atta all’intercettazione di comportamenti altrui;
  3. lo spazio privato aperto al pubblico oggetto di monitoraggio deve essere opportunamente circoscritto al solo scopo di presidiare e tutelare i beni personali esposti al rischio di furto e rapina. Ciò significa che il “raggio di azione” non può essere illimitato e lo “spettro” di operatività non può estendersi oltre la finalità per cui tali telecamere sono state installate.

In conclusione se vuoi installare una telecamera di videosorveglianza è sempre meglio effettuare tutte le verifiche del caso per considerare gli aspetti normativi e giuridici da osservare per non andare incontro a spiacevoli controversie con vicini e coinquilini; in caso di dubbi, se sei titolare di una polizza DAS, potrai ricevere di tutta l’assistenza di cui hai bisogno con una semplice telefonata grazie al servizio di consulenza telefonica Consuldas.