Nel reato di omissione di soccorso “stradale”, l’assistenza alle persone ferite non è rappresentata dal solo soccorso sanitario, bensì da ogni forma di aiuto di ordine morale e/o materiale richiesto dalle circostanze del caso, ciò determinando la necessita? che colui che invochi l’efficace soccorso da altri prestato, quale ragione di insussistenza del fatto illecito, dia compiuta dimostrazione della adeguatezza dell’assistenza, nell’ampio senso dianzi indicato.

Cass. pen., Sez. IV, Sent., (data ud. 17/05/2022) 23/05/2022, n. 20039

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRANTI Donatello – Presidente –
Dott. VIGNALE Lucia – rel. Consigliere –
Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –
Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere –
Dott. DAWAN Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da: G.G., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 05/02/2021 della CORTE APPELLO di FIRENZE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIA VIGNALE;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. CASELLA Giuseppina, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.

Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 5 febbraio 2021, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza emessa il 15 settembre 2017 dal Tribunale di Firenze. G.G. è stato ritenuto responsabile del reato di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 189, comma 7, perchè, essendo stato convolto in un incidente stradale, comunque ricollegabile al suo comportamento, nel quale C.P. aveva riportato lesioni personali, dopo essersi inizialmente fermato, si allontanò omettendo di prestare assistenza al ferito.

2. Secondo la ricostruzione dei fatti fornita dai giudici di merito, il (OMISSIS) G. si trovava alla guida dell’autovettura Mercedes targata (OMISSIS) ed eseguì una manovra repentina di inversione ad “U” che lo portò nella corsia di marcia percorsa dal motoveicolo condotto da C.P.. Trovandosi di fronte la Mercedes (che non era riuscita ad eseguire l’inversione di marcia con un’unica manovra) C. si spostò sulla corsia opposta a quella che stava percorrendo e il motoveicolo da lui condotto andò a collidere con l’autovettura condotta da A.V. che procedeva nella medesima direzione seguita dalla Mercedes prima dell’inversione. I giudici di merito riferiscono concordemente, sulla base di puntuali riferimenti alle risultanze istruttorie: che, in un primo momento, G. si fermò, ma non scese dall’auto; che S.P., presente sul posto, lo invitò ad attendere l’arrivo dei vigili; che egli accostò la macchina, si avvicinò al luogo del sinistro e, dopo alcuni minuti, si allontanò.

3. Contro la sentenza ha proposto tempestivo ricorso il difensore dell’imputato articolandolo in quattro motivi che di seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dal D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 173, comma 1.

3.1. Col primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) e lett. e). Sostiene che l’art. 189 C.d.S., comma 7, trova applicazione quando una persona “comunque convolta” in un sinistro con feriti ometta di prestare alle persone ferite l’assistenza “occorrente”. Sottolinea che, con l’espressione “occorrente”, il legislatore ha inteso escludere dall’area della rilevanza penale i casi in cui l’assistenza non sia concretamente necessaria e questo si verificò nel caso di specie perchè G. si allontanò dopo aver verificato le condizioni di salute di C. ed essersi accertato della presenza di numerose persone intervenute in soccorso. Osserva che, tra le persone intervenute a soccorrere C., vi erano altri soggetti coinvolti nel sinistro e, quando si allontanò, G. sapeva che l’arrivo della ambulanza era imminente sicchè, restando sul posto, non “avrebbe potuto offrire alcuna ulteriore efficace ed utile assistenza”.

3.1. Col secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge e mancanza o contraddittorietà della motivazione con riferimento al proprio coinvolgimento nel sinistro. Sostiene che la Corte territoriale non avrebbe accertato la reale dinamica dell’incidente e non avrebbe fornito quindi adeguata motivazione in ordine alla “ricollegabilità” dell’incidente stesso alla condotta dell’imputato.

3.2. Col terzo motivo, la difesa lamenta violazione di legge e mancanza o contraddittorietà della motivazione con riferimento all’elemento psicologico del reato. Osserva che l’allontanamento avvenne dopo che G. si era accertato delle condizioni di salute di C., aveva escluso particolari criticità e aveva rilevato la presenza di soccorritori, sicchè, quand’anche sussistente sotto il profilo obiettivo, il reato non potrebbe essere ritenuto sussistente sotto il profilo dell’elemento psicologico e la motivazione resa sul punto dalla Corte territoriale è carente.

3.3. Col quarto motivo, il ricorrente si duole della mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis c.p..

4. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte con le quali, ritenendo fondato il ricorso, ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.

Motivi della decisione
1. Tutti i motivi di ricorso appaiono infondati.

2. Deve preliminarmente essere esaminato il secondo motivo di ricorso col quale si assume che l’art. 189 C.d.S., comma 7, non sia applicabile a G.G. non essendo l’incidente stradale ricollegabile alla sua condotta.

Nel ricorso si precisa che G. non è mai stato sanzionato per le condotte di guida tenute in occasione dei fatti, sicchè tali condotte non sono state ritenute contrarie nè all’art. 145 C.d.S., (che disciplina l’inversione ad “U”), nè all’art. 141 C.d.S. (che sanziona, in maniera residuale, la guida imprudente).

Le sentenze di merito – che possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale in virtù dei ripetuti richiami che la sentenza d’appello opera alla sentenza di primo grado (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595) – sostengono che l’incidente è comunque riconducibile al comportamento dell’imputato perchè, come concordemente riferito da tutti i testimoni, attuando la manovra di inversione ad “U”, egli creò un ostacolo alla marcia del motoveicolo condotto da C.. Si tratta di considerazioni non censurabili perchè conformi ai principi di diritto affermati da questa Corte di legittimità secondo la quale “il reato di cui all’art. 189 C.d.S.,, commi 6 e 7, è configurabile nei confronti dell’utente della strada coinvolto nel sinistro, pur se non responsabile dello stesso, in quanto l’incidente, che è comunque ricollegabile al suo comportamento, assume il valore di antefatto non punibile idoneo ad identificare il titolare di una posizione di garanzia al fine di proteggere gli altri utenti coinvolti dal pericolo derivante da un ritardato soccorso” (Cfr. Sez. 4, n. 52539 del 09/11/2017, Spernanzoni, Rv. 271260; Sez.4, n. 34138 del 21/12/2011, dep. 2012, Cilardi, Rv. 25374501). A questo proposito si è opportunamente sottolineato che la prova della riconducibilità del sinistro alla condotta dell’imputato non equivale alla prova della responsabilità del sinistro e che l’art. 189 C.d.S. prevede un reato istantaneo di pericolo. Tale pericolo deve essere accertato con valutazione ex ante e non ex post, sicchè, “una volta verificatosi l’antefatto previsto dall’art. 189 C.d.S., comma 1, da intendersi come sinistro connesso alla circolazione stradale, sarebbe incompatibile con l’oggetto giuridico del reato e con la natura di reato di pericolo asserire che l’obbligo di attivarsi sia escluso per colui che, pur coinvolto nel sinistro, non ne sia responsabile”. Una simile interpretazione, infatti, “condurrebbe all’assurda conseguenza per cui il dovere di attivarsi sarebbe escluso per ogni altro soggetto coinvolto nel sinistro, ove l’incidente fosse attribuibile in via esclusiva alla persona ferita che necessiti di assistenza” (Sez. 4, n. 52539 del 09/11/2017, Spernanzoni, Rv. 271260, pagine 4 e 5 della motivazione).

Alla luce di tali considerazioni il secondo motivo di ricorso appare infondato.

3. Col primo motivo, il ricorrente sostiene che l’art. 189 C.d.S., comma 7, sarebbe stato applicato in assenza dei presupposti.

Dalle sentenze di merito emerge che G. non si allontanò subito, ma si avvicinò al luogo dell’incidente. La sentenza di primo grado ne dà atto quando riporta le dichiarazioni di S.P. (secondo il quale il conducente della Mercedes “tornò sul posto, poi rimontò in macchina e andò via”), quelle di T.G. (secondo il quale il conducente della Mercedes scese dalla macchina e venne “in direzione dell’incidente”) e quelle di St.Gr. (che era in macchina con G.) secondo la quale l’imputato “andò a vedere cosa era successo”.

Le sentenze di primo e secondo grado ritengono che tale comportamento non sia idoneo ad escludere la sussistenza del reato. A questo proposito, la sentenza impugnata osserva che l’allontanamento avvenne “ancor prima che giungesse sul luogo l’ambulanza con il personale sanitario che avrebbe potuto efficacemente assistere la persona infortunata”. Motivazioni analoghe si rinvengono nella sentenza di primo grado, secondo la quale G. si allontanò “prima dell’arrivo dei soccorsi”.

Il ricorrente assume che tali motivazioni siano “giuridicamente errate” perchè renderebbero doveroso per chi sia rimasto coinvolto in un incidente rimanere sul posto fino all’arrivo dei sanitari, ciò che invece non è necessario. A sostegno di tale affermazione, il ricorrente richiama la sentenza Sez. 4, n. 39088 del 03/05/2016, Maracine, Rv. 267601 secondo la quale, per ritenere sussistente il reato di cui all’art. 189 C.d.S., comma 7, il bisogno dell’investito deve essere “effettivo”, sicchè la fattispecie in esame non è applicabile “nel caso di assenza di lesioni, o di morte o allorchè altri abbia già provveduto e non risulti più necessario nè utile o efficace, l’ulteriore intervento dell’obbligato”.

Il ricorrente osserva che, se è vero che l’effettivo bisogno dell’investito deve essere valutato ex ante e non ex post, è pur vero che tale valutazione deve essere rapportata al momento in cui l’allontanamento è avvenuto e sostiene che, quando si allontanò, G. sapeva che l’ambulanza stava per arrivare e il ferito stava ricevendo l’assistenza necessaria.

3.1. Con queste affermazioni, il ricorrente fornisce una ricostruzione dei fatti alternativa rispetto a quella contenuta nelle sentenze di merito senza spiegare su quali elementi questa ricostruzione alternativa sia fondata.

Dalla sentenza impugnata emerge, infatti, che G. “tornò sul posto per alcuni minuti”, ma non risulta che egli si sia trattenuto per un tempo sufficiente ad assicurarsi che i soccorsi fossero stati chiamati e il ferito stesse ricevendo tutta la possibile assistenza. La sentenza di primo grado fornisce indicazioni analoghe. Riferisce infatti: che secondo il teste S. (pur dubbioso sul punto), G. si trattenne sul posto “circa cinque minuti”; che, secondo il teste T., il conducente della Mercedes si diresse verso il luogo dell’incidente, ma “dopo dieci secondi non c’era più”; che secondo la teste St., G. andò a vedere cosa fosse successo e tornò “dopo dieci minuti, un quarto d’ora”, le disse che il ragazzo era ferito “sotto il ginocchio”, era “vigile” ed era “seduto”, ma, quando lei le chiese se erano stati chiamati i vigili o l’ambulanza, rispose: “non lo so se sono stati chiamati vigili e ambulanza, però lo non aspetto perchè non mi sento bene e voglio andare via”.

Secondo i giudici di merito, dunque, quando si allontanò, G. non era affatto certo che la persona ferita non avesse bisogno di assistenza e neppure era certo che i soccorsi fossero stati chiamati. Non è dunque contraddittoria, nè illogica, nè giuridicamente errata la conclusione secondo la quale, quando l’allontanamento avvenne, nulla consentiva di escludere l’utilità o efficacia dell’intervento dell’obbligato.

3.2. Con la sentenza sez. 4, n. 14610 del 30/01/2014, Rossini, Rv. 259216 questa Corte di legittimità ha chiarito che “i contenuti dell’obbligo di prestare assistenza non possono essere ricostruiti alla luce di una interpretazione che ne comporti, in definitiva, la riduzione all’obbligo di prestare soccorso sanitario”. I doveri di solidarietà che gravano sull’utente della strada, infatti, “impongono di considerare la locuzione “prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite” come alludente ad ogni possibile forma di assistenza, anche residuale” (pag. 5 della motivazione). Ne consegue che la presenza di altre persone sul luogo di un incidente stradale non esime l’investitore dal dovere dell’assistenza nei confronti dell’investito ogni volta che il suo intervento possa apparire utile e che l’investitore resta dispensato da tale dovere solo quando si sia accertato che l’aiuto sia stato fornito da terzi in maniera effettivamente adeguata (cfr. Sez. 4, n. 711 del 12/03/1969, Roma, Rv. 111841).

In conclusione, una corretta interpretazione della norma in esame conduce a ritenere che l’assistenza alle persone ferite non sia rappresentata “dal solo soccorso sanitario, bensì da ogni forma di aiuto di ordine morale e/o materiale richiesto dalle circostanze del caso. Tanto determina la necessità che colui che invochi l’efficace soccorso da altri prestato, quale ragione di insussistenza del fatto illecito, dia compiuta dimostrazione della adeguatezza dell’assistenza, nell’ampio senso dianzi indicato” (sez. 4, n. 14610 del 30/01/2014, Rossini, Rv. 259216, pag. 6 della motivazione).

Alla luce dei principi esposti, la sentenza in esame resiste ai rilievi del ricorrente e il primo motivo di ricorso appare infondato.

4. E’ infondato anche il terzo motivo di ricorso col quale il difensore del ricorrente lamenta violazione di legge e mancanza o contraddittorietà della motivazione con riferimento all’elemento psicologico del reato. Perchè il dolo del delitto previsto dall’art. 189 C.d.S., comma 7, possa ritenersi sussistente, infatti, è sufficiente la coscienza e volontà di non prestare assistenza alla persona ferita accompagnata dalla consapevolezza dell’incidente, del danno alle persone e della necessità del soccorso. (Sez. 4, n. 15867 del 17/12/2008, dep.2009, D’Amato, Rv. 243440; Sez. 4, Sentenza n. 5510 del 12/12/2012, dep. 2013, Meta, Rv. 254667). Di tali principi la sentenza impugnata ha fatto buon governo quando ha ricordato che la verifica delle esigenze di cura non può essere delegata ad altri. La Corte territoriale ha ritenuto, infatti, che l’imputato non si fosse accertato che l’assistenza fornita al ferito dalle persone presenti fosse adeguata e questa valutazione rileva sia con riferimento all’elemento obiettivo che per quanto riguarda la sussistenza dell’elemento psicologico del reato.

5. Col quarto motivo di ricorso, G. lamenta carenza, contraddittorietà e illogicità della motivazione con la quale i giudici di merito hanno ritenuto di non applicare la causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p.. Osserva che, nel caso concreto, non vi fu contatto tra i veicoli, che le lesioni riportate da C. furono modeste e che sul posto erano comunque presenti più persone che prestavano assistenza al ferito, circostanze delle quali la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto.

La sentenza impugnata ha escluso la sussistenza dei presupposti applicativi dell’art. 131 bis c.p., osservando: che C. riportò lesioni di non minima rilevanza, che l’imputato, eseguendo una inversione ad “U”, creò pericolo per la sicurezza della circolazione e che tale condotta “avrebbe potuto coinvolgere altri utenti della strada, ponendone a rischio l’incolumità”. Si tratta di una motivazione adeguata e logica, che fa riferimento ad alcuni dei criteri di cui all’art. 133 c.p., comma 1, li valorizza per sottolineare la gravità della condotta e delle conseguenze lesive e non è dunque censurabile in sede di legittimità.

6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 17 maggio 2022.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2022

Fonte: Dirittosanitario.Net